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Estivi ritorni

Così storpio un motivo degli anni ottanta e fischietto donando le guance al sole di luglio. Con la disinvoltura dei vecchi lancio occhiate invadenti ai lavori in corso, ai colori accesi delle gonne lunghe e a questo vento leggero che nulla può contro i mozziconi di sigaretta aggrappati all’asfalto.

Le giacche dei professionisti appese alle sedie per le nostre pause pranzo a base di calciomercato. Prendo le vacanze in settembre, d’altronde.

Mentre sulle terrazze si consumano i rituali moderni degli aperitivi noi cerchiamo una scusa per non sfiorarci.

Vorrei evitare di pensare al futuro e mettere radici nel presente. In questi incontri da segni sul collo e catene sulla schiena.

Dei balconi di Lisbona e degli amici in partenza per la Liguria. La tua automobile porta tutto e i film degli anni novanta. Coi western ripieni di pasta alle vongole e i vini aperti lasciati appassire sulla tavola.

Mentre non ci raccontiamo nulla, prendiamo il sole e commentiamo le notizie del quotidiano locale. Lanciamo palloni contro i treni che filano veloci accanto alla collina e gonfiamo il petto per sfidare le onde più grosse e per qualche istante sentirci invincibili e giovani, e tutti insieme per questa grande occasione.

Finiremo per disperderci nell’agosto torrido della penisola, ci scriveremo i nostri come stai su whatsapp, poi la grigliata di ferragosto e i nostri ritorni con tutte le foto caricate sull’Ipad.

Così aspetteremo il matrimonio degli amici, arriverà in fretta settembre e ci ritroveremo più grandi senza accorgercene.

Sulle mie tempie i primi capelli bianchi e la castità dei ventri gonfi delle nostre compagne.

E ti ricordi quando parlavamo di una grande cascina, tutti insieme e vivere dei nostri lavori, una comunità dell’amicizia, l’utopia irraggiungibile della convivenza.

E così ora immagino la notte e quella casa così grande, il balcone sul mare e il piccione viaggiatore del vicino. Bottiglie e bottiglie vuote ad aspettare mattino per suonare nelle campane della raccolta differenziata. Materassi stesi per terra e divani aperti. E puzzo di vita, per quel tempo che scorre così in fretta e che aspettiamo un anno per poter ricordare.

Foto:tutti-al-mare

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Nei centimetri di pelle scoperta la classifica delle stagioni

E come i rapper italiani muovi le mani mentre parli. Le città invisibili dei libri che non dimentichi sul mio comodino e tutte le storie che ci siamo inventati quando non siamo mai riusciti ad arrivare a una fine. Ti chiamo soltanto per ricordarti che ci sono e poi mi salti da un argomento all’altro con la naturalezza delle nonne che mettono sul fuoco sempre le stesse moke. Ci sporgiamo dal balcone coi pensieri rivolti alla terra, il pensiero mai nascosto del mettere un punto e poi guardare in alto, scolpire l’orizzonte coi battiti delle nostre ciglia e rompere bicchieri sul tetto per le parole che abbiamo nascosto nelle tasche dei jeans quando ti dicevo telefonami e mi prendevi in giro cantandomi quelle canzoni tristissime degli anni sessanta. Vuoi dirmi che fine ha fatto il lemma noi? Non ho parole per giustificare i miei pressing, la spinta alta delle ali e i centravanti che tornano in difesa. Desideriamo l’estate per vivere questo frattempo e liberarci dai doveri delle sveglie, poi le rotaie non portano mai fino in fondo. E prendiamo le ferie e le dipingiamo di verde o di blu a seconda delle altezze, torniamo a casa con il bagagliaio colmo di ricordi per l’anno a venire. E nei centimetri di pelle scoperta la classifica delle stagioni. Quando basterebbero notti e la mia bandiera alzata in conquista, la forza delle tue labbra e tutti i tuoi profili per farmi scoperchiare le mie magliette larghe e poi stringermi a te, che siamo come le ciminiere delle autostrade, sbuffiamo di bianco per deviare lo sguardo degli automobilisti. Mentre ti circondano i ventri piatti e i muscoli sodi della gioventù isolana e regali le tue labbra lampone alle macedonie dei villaggi. Per tutti gli sguardi che vorrei appiccicarmi alla pelle, gli adesivi che non so scegliere e quella mancanza che mi fa telefonare ai più in ricerca di te. Quando tornerai come le maree e colmerai le mie mancanze, te le ricordi quelle onde che non ci aspettavamo? Quelle dispettose che ci distruggevano i castelli? Improvvise e lente donavano alla sabbia la sua forma originaria. Ci pensa il mare e nelle nostre mani soltanto sale, per la tua lingua lunga e le boccacce che dovresti farmi e invece ti vergogni.

Foto: © Herb Ritts, 1987

Photo editing: Alessandra Tecla Gerevini

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La nostra estate delle marmotte

Gli acini gonfi le nostre voglie racchiuse a grappoli che scendiamo dalle colline il ronzio dei motori e per miele dei giorni il mercato in città. Le foto tragiche da cartolina che imbarchiamo ricordi a più non posso ma ci pensi lo sai a tutte le foto che abbiamo scattato? Una soltanto farò bella mostra sulle nostre tombe e tu non ci sarai saremo soli dei bellimbusti imbalsamati lo sguardo perso delle fototessere. Godiamo adesso godiamo ora che per i tagli aspettiamo autunno le vendemmie e l’attesa del vino novello. La nostra estate delle marmotte, mangiamo ora mangiamo forte e prendiamo spazio allarghiamo braccia sui materassi il benvenuto agli ospiti tra le nostre gambe sulle nostre tavole imbandite i racconti senza coda. E illuminiamo le notti coi nostri canti con le luci artificiali balliamo nei boschi fino a far planare le foglie e il luppolo i brindisi i nostri lieviti per diventare grandi. Poi, poi, dopo soltanto penseremo all’inverno.

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