Biografia

Mi chiamo Marco Colabraro e per anni ho desiderato chiamarmi Benjamin Baj.A Marco Colabraro piacciono: il vino rosso, le pareti bianche, i punti e a capo, la Juventus, le virgole, i baci, le frasi di Kerouac, i gol sul secondo palo di Alessandro Del Piero, le fotografe e le fotografie, la lattina della Coca Cola light, i cappelli e i capelli, la sabbia tra le pagine dei libri, i comignoli, le lingue lunghe, i monasteri, le sciarpe di lana, l’inverno, l’ossobuco, i risotti, gli amici, la provincia italiana.Me l’hanno raccontata anche a me la storia di quando sono nato.
Era l’82 di Zoff, Cabrini, Gentile e gente varia e io la coppa del mondo non la volevo nell’autobiografia. Cosìvalavita.
Sono nato all’ospedale “Caduti Bollatesi”,- che il nome parla da solo- perché qualcuno ipotizzava io fossi malato e quando sono nato ho pianto perché non sapevo come sarebbe andata a finire.
Erano le tre del pomeriggio circa, l’ho letto su un libro.
Il mio sangue sa di peperoncino e polenta, calabro-lombardo e papà è contento, lombardo-calabro se no mamma s’arrabbia. L’ho assaggiato la prima volta quando mi sono sbucciato un ginocchio.
Mi sviluppo tardi per questo qualcuno dice io non sia di primo pelo.
All’età di diciottanni mi ritrovo sovrappeso di venti chili. Cosìvalavita.
Dimagrisco all’università statale di Milano. Studio lettere Moderne, incontro esponenti di spicco del mondo accademico e mi annoio tipo che mi addormento sul banco che le parole dell’accademia non mi piacciono neanche un po’. Studio poco e frequento meno. Passo gli esami con punteggi buoni, l’ottimo l’ho abbandonato alle scuole medie. All’esame di letteratura contemporanea mi viene detto “Lei non deve pensare, mi dica quello che c’è scritto sul libro.” Mi alzo e me ne vado.
Parto per il continente nero, vado e torno.
Tornato mi iscrivo alle selezioni della scuola d’arte drammatica Paolo Grassi di Milano senza sapere cosa essa sia, mi nutro di www. Supero le selezioni improvvisando qua e là. Vivo tre anni da rinchiuso, ma sempre sarò grato alla prigionia. Scrivo due spettacoli “Cadono dal cielo e si posano sui tetti” e “Per conto di Abele” che vanno in scena a Milano nell’anno 2007, penso di essere arrivato dove non lo saprò mai. Decido di laurearmi in lettere e scrivo una contestata tesi in cui dico tutto ciò che penso della vita. Porto a casa un numero a tre cifre che fa paio col numero a sfondo sessuale risultato della scuola superiore e questi sono gli ultimi numeri con cui vorrei avere a che fare. Che la matematica è come i gatti, c’ho la fobia.
Scrivo cancello e riscrivo come le penne cancellabili degli anni ’90.
Vinco il premio Bacchelli con lo spettacolo “Il Santo” nell’anno 2008, penso che cominci la discesa invece non comincia mai che sembra d’essere sul Pordoi e mi ricorda che una volta sono caduto in bicicletta a 70 all’ora e la velocità può dare alla testa.
Allora mi metto in proprio e produco, scrivo e recito il monologo “Buonanulla” nell’anno 2009. E son contento per un po’.
Decido che bisogna pur imparare a insegnare e mi dedico al teatro ragazzi senza voler insegnare nulla a nessuno.
Conosco Majakovskij, sembrerà strano, ma è verità e comincio ad indossare bluse da bellimbusto. Per questo smodello per qualche pubblicità.
Poi mi chiudo in camera e scrivo “Camera sola, confessioni di un clandestino.”La Camera Sola mi sta troppo stretta, così affitto casa in via Paolo Sarpi a Milano, ci sto bene, lavoro in una libreria e comincio a scrivere un romanzo che si chiama “Oggi, domani o dopodomani.”, incontro una ragazza e le chiedo di uscire, lei mi risponde di sì, così usciamo, beviamo tanto vino e decidiamo di non vederci mai più, o meglio, lo decide il suo analista.La libreria chiude e vado a lavorare in un bar, pure la notte, tipo fino alle sei del mattino: incontro personaggi e artisti della notte milanese, suonano, recitano, cantano. Io servo le birre e imparo a preparare il mojito. Dopo un po’ mi stufo, mi licenzio e me ne vado ad abitare in corso di Porta Romana, sempre a Milano. La casa è tutta in legno e così si decide di chiamarla Il Garden. Al Garden ci vivo col mio bro e la mia sister, bevo tanta e troppa birra e scrivo un nuovo romanzo: “Le notti in giorni”, il titolo è romantico così un giorno di maggio decido di andare all’anagrafe dei libri e battezzarlo: “Soli Uno”.

Ma la strada chiama, così si lascia il Garden e si va a Parigi. Là di case se ne cambiano tre in tre mesi. Letto, divano, divano, letto. Comincio a scrivere il mio terzo romanzo dal titolo originale: “Soli Due”.

Il titolo del romanzo cambia così spesso che le case editrici non ci capiscono nulla e allora non me lo pubblicano. Partecipo a un reality letterario con risultati scadenti. Mi incazzo. Affitto casa a Milano. Milano non mi fa passare la rabbia, ma a volte il cielo è azzurrissimo e si vedono le montagne. Ho nostalgia di Parigi. Mi deprimo tipo che passo molte giornate a letto, le tapparelle sempre abbassate. Poi mi sveglio, bevo tanto caffè, riordino casa e ricomincio a scrivere. Ho fatto amicizia con la parola malinconia.

Credo.
Credo che il silenzio sia un grande codardo.
Chiedo consigli al rosso. Conservate il mio cervello in un museo, in una boccia d’alcool.

“Ah, dimenticavo, sono un poeta, ma ancora non lo so.” Così scrivevo ai tempi della mia prima biografia originale.

Ora sono un poeta, lo so. E questo è un bel problema.

L’ORIGINE DEL NOME
Macelleria Marleo è un nome antico. Voglio dire, c’è stato un tempo della mia vita in cui ero solo spirito, un angioletto senza pistolino, o meglio, un pistolino ricoperto da strati di ciccia. L’etica virtualcristiana e desideri di verginità. Impuro come gli agnelli appena nati, sporco di sangue dalla testa ai piedi. Desideravo riappropriarmi del corpo e della carne, farmi a pezzi per capire com’ero fatto. Di lì Macelleria.
Marleo è tutta un’altra storia. Viene da Marley del Canto di Natale di Dickens che comincia così: Marley era morto come il chiodo di un uscio, non c’era dubbio su questo. Credevo di morire a 27 anni, non è stato così. Credevo di essere il fantasma che risveglia i cuori dei ricchi, evoca altri mondi e altri fantasmi. Ora non lo credo più. Ecco tutto.

4 thoughts on “Biografia

  1. felix policastro ha detto:

    E meno male che non lo sai ancora…Di essere un poeta.

    Segui la poesia “live” sulla pagina di face book – nei mesi scorsi ho dedicato molto spazio ad un poeta di Venezia. Ieri ha dedicato uno scritto per rivendicare la libertà nello scrivere poesie.

    Un saluto e a presto.

    Grazie

  2. poetella ha detto:

    bravo bambino!
    Ce l’avessi io un alunno così!
    Cacchio!

  3. borderline ha detto:

    non mi dire che hai la fobia dei gatti….un poeta dovrebbe amarli perché fonte di mistica ispirazione !! well done…well written anyway!!!

  4. sam ha detto:

    credo tu abbia una bellissima vita….è bello segiure i propri sogni

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