Il pappagallo

Si svegliano, si salutano, aprono la finestra, spalancano le persiane. Sul balcone di fronte un anziano in pantaloncini corti parla con un pappagallo, gli chiede di volare sopra al cimitero e salutargli la moglie e gli raccomanda di non svegliarla, che questi non sono tempi belli. Si alzano, si siedono al tavolo della cucina, scaldano il latte, aspettano che il caffè sporga dalla moka. In televisione le opinioni di tutti e completi firmati, camicie stirate. Scrivono ai genitori, scrivono ai figli, ora che gli interessa davvero sapere come stanno le persone che amano. E sistemano il letto, aspirano la polvere, lavano i pavimenti, caricano la lavatrice. “Aspettiamo i compiti dalla maestra”, dice la mamma alla bimba canta una canzone di Tommaso Paradiso. E decidono cosa mangeranno a pranzo, e si abbracciano come non facevano da tempo. “Leggimi una storia”, sempre la stessa storia. Lei si spalma creme sul viso, riordina quello che ha già sistemato più volte. Lui si siede al tavolo della cucina, accende il Mac, legge le email di lavoro. Non riesce a concentrarsi, si alza, apre il frigorifero, beve un bicchiere d’acqua. Prende un quaderno, scrive una strofa, suona la chitarra. Si siedono a tavola, non parlano di niente. Chiamano gli amici, li guardano attraverso un cellulare. Hanno voglia di fare l’amore, lo fanno. Sono finiti i preservativi, non importa. Hannibal, Charthaginensium imperator, post longum et difficile ab Hispania per Galliam iter… Traducono dal latino, studiano la storia degli uomini. Imparano a leggere. Consumano i tablet. E fanno domande sull’esistenza di Peppa Pig. Vola un pappagallo sulle case degli uomini, vola e saluta chi dorme, qualcuno dice il suo nome perché lui lo ripeta, lui lo ripete. Un pappagallo colorato che volteggia tra i palazzi e spinge a muovere la mano in segno di saluto, la cui memoria è fatta di nomi e di messaggi da portare. Si baciano i polsi, si lavano i capelli sotto la doccia, si stringono in asciugamani che profumano di ammorbidente. Si guardano come la prima volta. Tornano a essere sconosciuti, curiosi di sapere chi sono davvero, e ogni parola si fa leggera, non come un tempo, quando gli animali stavano nelle gabbie e ripetevano soltanto il nome dei padroni.

 

 

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