La calza sinistra bucata e gli sguardi lasciati dietro alle vetrine e agli angoli delle strade della città del mutuo soccorso.
Vengono a rubarci le chiavi di casa per mettersi nei nostri panni e non trovano niente di interessante.
Quando non ti ho mai visto in pigiama e ho fantasticato troppo.
Non c’è una notte qui, non c’è riposo per le nostre guance. Le carezze mancate e tutti questi sinonimi per descriverti quello che sento.
Dovremmo strappare una pagina bianca e metterla davanti a noi come una copertina.
Non credere a tutto quello che dico, ma guardami negli occhi, annusa l’odore che porto intorno al collo. Noi come gli asini, il carico delle rinunce, i viaggi intorno ai campanili e le sigarette spente sul balcone. Ci appendevamo alla traversa per sollevare i piedi da terra e simulare il volo.
E ti ho comprato un paio di stivali rossi per attraversare la strada, dicevi che non ti interessa nulla delle attenzioni degli altri e finivi per non capire che mi sporgevo così tanto che correvo il rischio di cadere dalla finestra e diventare l’angelo delle tue notti insonni. La deflorazione è soltanto un passaggio. Vuoi dirmelo ancora dov’è finita quella che una volta chiamavamo armonia?
E con dovizia di particolari potrei spiegarti il perché poi il coito mi interessa così poco eppure mi ossessiona.
Vorrei tenere i tuoi occhi sul comodino come se fossero un paio di occhiali. Che sono miope da troppo tempo e se dormo poco mi pulsa la cicatrice che porto sull’occhio sinistro.
Quanto tempo è passato dall’ultima volta? Classificare le esperienze in base al tempo per la disabitudine alle attese. Se ci fosse Erri De Luca ci farebbe un sonetto, a te tendere: attendere.
Me lo vuoi spiegare perché non riesci a sederti con me senza pensare a un domani, senza farti prendere dalla paura di quel che succederà? Vorrei avere sessanta o più anni, i peli radi e bianchi e l’aiuto delle pastiglie. Vorrei dirti che è così sciocco fare teorie sulla vita e quello che conta è raccontarsi esperienze. Una bottiglia di Bordeaux del 2008.
E quando parlavamo della follia potevi citarmi Shakespeare o le frasi intraducibili sui bordi della strada che per me faceva lo stesso.
Quando ti ho detto che hai gli occhi liquidi hai fatto finta di niente.
E adesso sai che faccio? Vado a una festa di ventenni e spruzzo il profumo buono. E poi guardo in alto, i balconi e poi le nuvole, le ciminiere e le stelle, per non dimenticarmi dove voglio arrivare. Che sublimare in parole tutta l’esistenza mi fa un sacco male, come vomitare. Parlami ora, scrivimi adesso e dimmi quello che ti passa per la testa, qualsiasi cosa, anche una stupida domanda del cazzo.