Aspettavamo i ritorni.
Lo sguardo appoggiato all’orizzonte della finestra, il fumo del caffè e i nostri vetri sporchi. Occhi ricoperti di spuma e maglietta stropicciata.
Sul tavolo i resti della cena di ieri e io che nel sugo stantio disegno col dito un volto umano per farmi compagnia e lecco i polpastrelli per raccogliere le briciole delle nostre parole dell’altro ieri, chiamiamolo così perché non porto l’orologio da anni e non so usare il calendario dello smartphone.
Fuori il mercato di Rue Montorgueil, e banchetti di frutta lucida e formaggi maturati in cantine, pesci dei sette mari e il concerto dell’apertura dei portafogli. La moda dei capelli raccolti e il rosso pastello dei sorrisi francesi.
Quando discutevamo della demolizione della proprietà privata volevo farti capire che se i nostri capelli si sfiorano le nostre teste si aprono e scappano i pensieri della quarta birra, dicono lasciamo al Piccolo Principe dare il nome alle cose, noi ci prendiamo le forme e apriamo i contorni per riempirli d’incontro. Quando ti dicevo che preferisco lo stare al fare mi riferivo proprio alle ore lunghe tra sigarette e vino, al movimento delle sedie e alle finestre aperte per soffiare via l’odore di chiuso dei nostri giorni donati all’economia.
Mi manca la mia barba incolta, le sopracciglia folte e le magliette larghe con le righe orizzontali e il petto un po’ nudo. Nel gergo dei marinai le nostre nuove scoperte e le scialuppe di salvataggio delle tue mani lunghe, i tuoi fianchi stretti.
Ho passato la notte su youtube.com a guardarmi l’intervista di Biagi a Pasolini e giornalisti francesi per l’ultimo dialogo registrato a casa di Paolo Borsellino. Le domande di un giovane Marco Travaglio e poi non sapevo nulla dell’attentato a Maurizio Costanzo. E ritrovarmi nel’utopia delle rivoluzioni di Carlo Pisacane, e poi Sensation di Rimbaud per ricordarmi dell’esistenza della natura, dei piedi nudi che annullano l’erba e quanto sarà che non dormo con una donna?
Prendere il bene e allontanare il male è impossibile. Si coglie il tutto intero. Non mi è mai piaciuto il cioccolato al latte dell’Uovo Kinder, ma vuoi mettere il fascino della sorpresa?
E la verità la trovo nell’uomo che agisce e fa e nasconde e poi mostra. La debolezza parlata e le richieste d’aiuto avvicinano i ventri.
Sono col contadino che prima della semina costruisce un recinto perché le bestie stiano lontane e il germoglio nasca al riparo.
Verrà il tempo dell’abbattimento del muro quando desidererò un eremo per le mie pisciate all’aria aperta al riparo degli sguardi del giudizio degli altri.
Verrà la stagione del sole, quando basterà una chitarra a far festa.
E poi torneranno quei temporali d’agosto che mischiano l’asfalto al cielo, che è nella confusione che salta fuori l’idea e non c’è confusione che non nasca dall’ordine.
E ora prendimi le labbra e mordimi che non c’è più tempo per filosofare, guardami le dita consumate, le bruciature e i tagli superficiali. Mostrami la sfrontatezza dei tuoi capezzoli e il volto che si deforma quando godi o piangi.
E’ tempo di togliere una coperta dal letto, farci leggeri per prepararci alle primavere, non abbiamo prati grandi ora, accontentiamoci delle terrazze e impariamo versi nuovo per richiamare le rondini. Risponderanno.
Foto: Mikhael Subotzky