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Gioia altrove

Ti chiederai il perché di tutto questo silenzio. Troppa acqua in bocca e troppa ancora nel cuore.

Non aver paura dei giorni freddi è disciplina paziente: lo Qi Kong del mattino.

Mangiavo pop corn senza sale e guardavo quei film in cui non si sta fermi, che ogni posto è un richiamo e le montagne finestre per le nostre curiosità. Noi qui a morire negli autobus, a tirar su col naso i resti delle notti degli altri e interpretare i segni del cielo affidandosi agli oroscopi.

Mi dici la gioia è altrove, lascia le tasche al vuoto e i pensieri all’altissimo, raccogli la terra e portala al naso per sentirne il profumo, pianta un albero dopo ogni trasloco e smettila di dire che sono i rapporti umani quelli che salvano. Più ti affezioni, più sei dipendente, quante altre droghe ancora? Quanti giorni passati a non scegliere? Trova sorriso nel sasso, nel cane stanco che trascina le zampe, nel corvo nero che attende la morte, nella farfalla che gode del sole e dei fiori.

Basterà questo? Quando la barba si farà troppo lunga, quando i tuoi piedi resteranno dietro alle soglie, quando la tua parola traballerà tra i denti. Basterà questo?

Che te ne farai allora della verità, tu che hai snobbato il denaro, l’amore, il lavoro, la famiglia, la giustizia, che te ne farai allora della verità?

Dov’è finito il pennarello rosso? Occorre sbagliare e perdersi e inseguire. Chiama le cose col loro nome vero, lascia la prudenza a chi ha da perdere. Guardati allo specchio ora, fallo davvero, riesci a vedere quel che vedo io?

Corrimi incontro, lascia lieti i capelli. Finché cercherai di non esser trovata, sarai dovunque e in nessun luogo. Non sarai mai forte, dovrai sentirti forte, le certezze son per gli uomini stanchi.

E poi a penna nera, su un quaderno qualsiasi, scrivere a fatica che non c’è gioia se non condivisa; ti stringerai nel cappotto, farai di una sciarpa un abbraccio e aspetterai soltanto che il cielo scenda e ti stringa forte fino a farti blu una volta per sempre. Non sarà oggi, non sarà qui, c’è ancora tempo e orologi da perdere, account da lasciar vuoti e quando il tuo montone attraverserà la strada lo guarderò con stupore, come si fa coi cervi là tra le montagne.

Foto: da tumblr.

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Smetterò di vergognarmi quando ti tengo per mano

C’eravamo ridotti a far fontanelle d’acqua gonfiando le guance e trasformavamo le labbra in pistole a salve per colpirci e lasciare il segno e poi non farci male.

Non lo so se sei ancora bagnata; quando alla scuola elementare studiavamo il ciclo dell’acqua venivano sempre fuori gli agenti atmosferici e l’inquinamento del pianeta terra. Nelle nostre teste il fumo dei pensieri e polvere nelle biblioteche dei nostri vorrei.

Alle mie battaglie senza armatura e ai voli pindarici sugli scalini di casa.

Troppo vicini al sole noi, sotto le ascelle le gocce di cera di quando perdiamo le ali e scivoliamo in fatica e dubbi sul nostro presente. Nel labirinto dei vezzi moderni siamo precipitati nel cerchio del fuoco: nelle parole buone le mie paure più grandi. Mi sono ripromesso di guardare a me e lasciar perdere le rampe di lancio private, le basi militari dei vicini di casa.

Certo è che mi soffermo ancora sul significato delle parole, e a una conoscente che scrive su facebook.com vorrei dire smettila di arricciare il naso e gettare giudizi dalle tue mutande a vita alta. Nell’erotico gioco delle accuse poni domande e lascia perdere i volti degli attori noti e le frasi d’occasione di certa sinistra. Il fatto è che per trovare l’effetto ci siamo persi l’azione, l’arcobaleno viene dal nero e va a finire che non serve a nulla. Ci inganneranno ancora con la favola della pentola colma d’oro.

Mi piace perdermi nelle cicatrici degli altri, mi eccita la grazia esibita e il pendaglio che porti tra i seni ribelli.

Sull’imperfezione del tuo naso ho disegnato una x per ricordarmi che questo è il punto. Ci salveranno le canzoni di Battisti e il Lacrimosa che ascolto al risveglio.

E per i nostri sogni ho scelto il posto più bello: la tavola apparecchiata. L’esperimento è provare a sentire il gusto di ogni piatto e donare alla lingua l’esperienza dell’acidulo del pomodoro. Che a questo serve lo zucchero.

E poi torniamo a noi, al ricordo della luce intagliata dalle persiane e ai muezzin che ci sveglieranno a Istanbul.

Quanto vorrei portarti a fare il giro del mondo, e smetterò di vergognami quando ti tengo per mano.

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