C’eravamo ridotti a far fontanelle d’acqua gonfiando le guance e trasformavamo le labbra in pistole a salve per colpirci e lasciare il segno e poi non farci male.
Non lo so se sei ancora bagnata; quando alla scuola elementare studiavamo il ciclo dell’acqua venivano sempre fuori gli agenti atmosferici e l’inquinamento del pianeta terra. Nelle nostre teste il fumo dei pensieri e polvere nelle biblioteche dei nostri vorrei.
Alle mie battaglie senza armatura e ai voli pindarici sugli scalini di casa.
Troppo vicini al sole noi, sotto le ascelle le gocce di cera di quando perdiamo le ali e scivoliamo in fatica e dubbi sul nostro presente. Nel labirinto dei vezzi moderni siamo precipitati nel cerchio del fuoco: nelle parole buone le mie paure più grandi. Mi sono ripromesso di guardare a me e lasciar perdere le rampe di lancio private, le basi militari dei vicini di casa.
Certo è che mi soffermo ancora sul significato delle parole, e a una conoscente che scrive su facebook.com vorrei dire smettila di arricciare il naso e gettare giudizi dalle tue mutande a vita alta. Nell’erotico gioco delle accuse poni domande e lascia perdere i volti degli attori noti e le frasi d’occasione di certa sinistra. Il fatto è che per trovare l’effetto ci siamo persi l’azione, l’arcobaleno viene dal nero e va a finire che non serve a nulla. Ci inganneranno ancora con la favola della pentola colma d’oro.
Mi piace perdermi nelle cicatrici degli altri, mi eccita la grazia esibita e il pendaglio che porti tra i seni ribelli.
Sull’imperfezione del tuo naso ho disegnato una x per ricordarmi che questo è il punto. Ci salveranno le canzoni di Battisti e il Lacrimosa che ascolto al risveglio.
E per i nostri sogni ho scelto il posto più bello: la tavola apparecchiata. L’esperimento è provare a sentire il gusto di ogni piatto e donare alla lingua l’esperienza dell’acidulo del pomodoro. Che a questo serve lo zucchero.
E poi torniamo a noi, al ricordo della luce intagliata dalle persiane e ai muezzin che ci sveglieranno a Istanbul.
Quanto vorrei portarti a fare il giro del mondo, e smetterò di vergognami quando ti tengo per mano.