Almeno non oggi

Tutte queste notti insonni e il desiderio da spiaggia. Le aragoste e i granchi di Essaouira, le cavalcate tra le tue cosce nude e il sudore di giugno.

Ci giocavamo a dadi il turno per occupare il bagno e trovare un poco di quiete che qui è tutto un incontro e non c’è mai tempo per stare da soli. E così mi confondevi con la tua estetica e poi le tue parole rarefatte, il K2 dei tuoi passo e chiudo e l’imbecillità di certe mie voglie.

Ci chiudevamo in auto per prendere la strada e andare ai concerti. E in mezzo alle danze non sentirci soli. E piangere cantando, guardare il cielo e lasciare andare i ricordi.

E ci scrivevamo sulle mani che le cose non vanno spiegate, ma vissute, che la letteratura degli anni novanta voleva insegnarci la vita e quella del 2000 è rivolta allo spreco.

Vienimi a prendere quando esco di casa e apri la porta quando salgo le scale.

Immaginare domeniche in collina e odore di bosco, il cibo buono e il saluto dei vecchi. E paesi sempre più piccoli per sentirti straniero e case grandi per non desiderare orizzonti troppo lontani.

Delle tue camicie aperte e degli occhiali neri. La grazia dell’erranza dei padri e le famiglie disperse sui treni notte. Verranno a chiederci i documenti e avremo voglia a rispondere che siamo tutti uguali. Mentre tracciamo linee per tirare le somme e costruiamo tende per non farci sorprendere in nudità. Che ne dici di una Polaroid? E della mia barba lunga?

Dovremmo sederci a cavallo dei bimbi, farci cullare dallo stupore delle nascite dei figli degli amici, sorridere ai matrimoni e non avere paura dei domani, perché arriveranno senza bussare.

Le nostre notti non sono infinite e così i nostri giorni, ho disimparato a contare per questo.

E mentre ci tatuiamo di labbra le guance coi nostri saluti di benvenuto, ci ritroviamo a sera, lo specchio sul naso, ad ammirare le nostre imperfezioni e rifarci al canone del classico per la bellezza del mattino.

Più serie tv americane e meno manuali per vivere meglio. Quando ci chiederanno di sverginare i teatri entreremo in punta di piedi, come si fa in casa dei vecchi, poi urleremo le nostre domande che qui ci si perde in sordità.

Ti accuseranno di presunzione e faranno idoli della parola umiltà. Tu guarda lo specchio e poi chiedi di te dove riposa la tua stima, e fatti qualche domanda, non troppe. E non dormire sempre solo, non sempre, almeno non oggi.

Foto: Rebecca Norris

1RNW.Havana.2007

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