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Te o il cane

Sono due settimane che non leggi i giornali. Me lo dici al telefono mentre ti chiedo ma tu come fai a non pensarci. All’Egitto e alle guerre dei nostri intestini. Così mi rispondi che hai già troppi gomitoli da sbrogliare, poi che ti devi truccare e che verranno a prenderti, ma faranno tardi, o farai tardi tu, non ha importanza.

E mi sussurri che tra i tuoi amici sono l’unico che arriva sempre in orario e che il mio atteggiamento ti costringe a confrontarti col tempo e con te. Così ti faccio il verso e ti dico pensa a prenderci meno sul serio dove saremmo adesso. Magari a Miami, mi dici tu. Di quando muovevamo l’ombelico ad Ibiza ed era soltanto un desiderio da diciottenni.

E poi mi chiedi che fine hanno fatto tutti i miei amici maschi. Così ti racconto che viaggiano in bicicletta per raggiungere il compleanno di un signore di anni novanta e poi se ne vanno a prendere il tetano Phnom Penh. E tra le montagne maturano i matrimoni, sul mare si affacciano i nuovi nati. E tutti quanti facciamo foto color seppia alle carrozzine che attraversano le strisce pedonali per strizzare l’occhio alle cartoline degli anni settanta, quelle che ci piacciono così tanto che non sappiamo più scriverci.

Quanto mi mancava la provincia italiana, ma nessun funerale per la chiusura dell’ultima libreria.

E gli intelligenti con la barba e le camicie in tinta unita lasciano i destini dello stivale nel fondo dei bicchieri di bianco. Le blogger appassionate dell’oriente che grondano rabbia e sfogano violenza in parola. Meglio sarebbe sollevare pesi in palestra o farsi sfondare da adolescenti curiosi.

Delle mie contraddizioni e di tutte le attese, d’estate dimentico il nome dei giorni e il mio letto è stufo di sopportarmi.

E per fortuna c’è il calcio mercato, con la vittoria della Supercoppa e il mercato degli esterni. Ci vuole qualcuno che corra e sappia offendere. Il fatto è che non ci insultiamo neanche più e prendiamo sonno troppo facilmente.

Sono due settimane che ho ripreso a guardare la televisione e già mi basta. Chiamami e dimmi prendi il treno e raggiungimi, qui non c’è nulla, avremo tempo per i discorsi, anche il mio cane chiede di te. Così mi torna in mente quel dubbio di sempre: ti bacio o prima accarezzo il cane?

Foto: Mael Baussand

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A strapparci parole

Sui silenzi privi di coraggio, sul tempo che passa e noi che non sappiamo strapparci le parole di dosso. Che dovremmo allenarci tutti alla sincerità, altro che politica, altro che quotidiani con le rassicurazioni del meteo e i giornalisti d’oltreoceano con le loro riflessioni dall’alto tra le suore dal culo caldo e i protagonisti dei telefilm per teenager. E hai voglia a parlare della superficialità delle mie ubriachezze e di questa Milano che dopo le due di notte ci chiede il conto. C’era una volta nei documentari di Quark l’uomo che conosceva il mondo fino all’orizzonte, gli orti del vicino per lo scambio d’opinioni sulle tempeste d’agosto. Poi ci siamo fatti popolo e paese e quindi globo che nelle lontananze rimbombano i silenzi lo sai. Gli universi artificiali dei nostri desideri di benessere e il consueto disinteresse per le assemblee condominiali, con le opinioni al caldo degli editoriali e tutta questa spocchia dovuta all’acne che abbiamo appena perso per strada. E vuoi dirmelo come stai dove vai e cosa ti fa stare male. Come quel giorno che l’omelia si consumava fuori dalla chiesa: un pensionato in giacca e cravatta e una donna bianca col bastone le urla a chiedere vuoi dirmelo o no come posso fare per farti felice? Vuoi dirmelo o no come posso fare per farti sorridere? Questa tua espressione insopportabile per tutti i secondi che abbiamo condiviso. Ho detto alla vita di spostarsi un poco e farci spazio, i nostri posti imprenotabili sulle panchine verdi che coccolano gli sguardi. Milano è fretta, gambe in spalla e passo veloce. La mia invadenza da liceale sugli incontri che ci siamo persi. E intanto nevica sui ponti del Central Park e arriverà prima o poi quella raccomandata. Ma aspetterò anch’io la pazienza, sarò migliore, e come con le marmotte arriveranno primavere per i risvegli.
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