Della debolezza delle sei del pomeriggio e di quelle fasi impilate in solitudini.
Avrei voluto farti ridere e mi è uscito uno scarabocchio, un urlo senza versi né disperazione. Dove la gioia, dove?
Ho rotto il freno davanti della bicicletta e la mia vespa è senza benzina da giorni. Era notte e si fermavano gli autostoppisti pronti ad accogliere le mie domande d’aiuto e ci sedevamo in fianco alla strada e condividevamo il superfluo di sigarette mentre l’indispensabile usciva dalle nostre bocche.
C’erano fuochi in lontananza e prostitute annoiate a specchiarsi nei cellulari. Volevamo soltanto parlare e ridare un volto umano alla notte non accorgendoci che il buio è fatto per il riposo.
Così mi dicevi che ti fischiavano le orecchie e rispondevo che è impossibile che qualcuno parli di noi.
E cercavamo stelle nei cieli e trovavamo soltanto bianco di lampioni e le scritte lampeggianti degli autonoleggi. Così le cicale danneggiavano i silenzi, ti dicevo che a Parigi non esistono le cavallette e tu sbuffavi e mi stringevi le spalle dicevi che prima o poi qualcuno dovrà pur dirlo che i miei racconti son peggio delle foto delle vacanze. Che se in un luogo non ci sei stato non ti interessano le immagini degli altri, ti basta uno sguardo al ritorno e misuri il gradimento dallo sguardo e dalla camminata.
Hai mai pensato di fare il sufer? Credo di no.
Così il mattino della domenica ci scavava gli occhi e il marciapiede chiedeva il conto alle natiche. Credo sarebbe meglio rifugiarci in chiesa ed aspettare la prossima notte, dicevi tu. Ci guarderebbero storto, puzziamo. E c’era una volta una cena e una torta salata, vino bianco e pistacchi e un ragazzo alto e rasato con dei leggings strappati sulle cosce e tatuaggi a grappoli che mi guarda negli occhi e mi dice sì, la festa techno era ormai finita, mi ero portato anche una ragazza a casa, ci avevo fatto quei quattro salti d’obbligo, non mi ricordo poi tanto. Mi son svegliato e le ho sussurrato dormi, io vado in chiesa, credo di averne bisogno. E così ho camminato un po’ perché non ci entro io in una chiesa brutta e poi sono andato a Messa. Vedila come vuoi, ma non ci vedo niente di strano.
Dove lo cerchi riposo tu? Ti sei dimenticato della morte, stanotte? Io no, e così, per paura, non chiudo mai le porte e parlo con chiunque e poi scrivo a lei.
Le scrivi così tanto perché hai paura di morire? Credo di sì.
Credi che lei possa salvarti? Lo credo.
Non avrai più paura? Certo che sì, ma gliene parlerò.
Ti ascolterà? Non credo.
Immagine: Leliena Mojarova