Proviamo a ribaltare il mondo e a camminare in cielo.
Quale cielo? Mi dici tu. L’azzurro intenso dell’aere montano, il celeste delle colline toscane o il glauco che accarezza il mare? E poi giorno o notte? Stelle o nubi? Cirri o cumuli? Siamo generici anche nei desideri e vorresti rivoltare il mondo con la funzione dell’Iphone che ti fa vedere tutto in negativo.
Io insisto col dirti che fare l’amore non è tutto, che bisogna saper tradire i silenzi senza un estro particolare e quando appoggio la testa tra le tue gambe magari è per chiederti casa e ristoro. I tuoi rosari sgranati al telefono con le amiche e quei problemi inutili del che penseranno di me. Hai aperto chissà quanti blog e tra password e tumblr non ci capisci più nulla.
E prendi aerei e mangi in troppi ristoranti e colmi gli occhi col bello e a sera avveleni serenità in debolezze. Poi scrivi sul quaderno che ti manca il coraggio dei piccoli passi e come a un due tre stella avanzi per poi scappare quando ti senti scoperta.
Che ne sarà un giorno delle tue magliette a righe, delle camicie firmate? Che ne sarà di questo seme che disperde il vento e impigliato alla rete chiede libertà.
Nelle prigioni del virtuale tutte le nostre immaginazioni.
E quando mi racconti dei tuoi sogni sei la prima a sorprenderti. Così ci tiriamo in mezzo in discorsi pro vegan, no vegan con l’ordine del mondo che fa il suo giro sull’autostrada Milano-Torino, sempre in ritardo per lavori in corso.
Mi dimostri che viviamo in un mondo fasullo, che dietro ogni cosa c’è una storia e un interesse e non hai voglia di raccontarmelo nei particolari. Ti dico perché non ci beviamo un caffè senza chiederci da dove viene e mi rispondi ok. Ma poi ci pensi e rimani immobile sulla soglia di casa. E ti urlo ti basta un passo, fallo. Senza paura, senza domande. Fallo.
Foto: Anna Aden