Te lo ricordi quando Travaglio faceva il giornalista? E i maestri stanno sulle mensole ridacchiano dall’alto. Tra le colonne il partenone i discorsi dei pederasta i sermoni interminabili di Socrate e un po’ di su e giù le gare di corsa quando anche il fisico vuole la sua parte. E tutte le sere nell’agorà e poi il teatro che importanza ha se ci vestiamo da donna? I nostri vecchi abitano ancora le piazze coi dialetti che si mischiano è lì che si fa l’ Italia Unita. A citare la televisione siam bravi tutti dicevi e novantesimo minuto le radioline cucite intorno ai polsi. La piazza e il teatro. I discorsi pubblici dei potenti, e la boulè per le parole anziane e decidere sul domani la legge dei taglioni per i più furbi. E io non guardo la televisione, salvo RaiNews24 per quel suo direttore appassionato. La retorica dicevo e le bandiere in piazza la parlantina sciolta dei politicanti che fanno del teatro un’arena e vai coi discorsi e ci sentiamo meglio che siamo i buoni e tutti gli altri? Che ci faranno a casa? I giovani poi, dove sono i giovani? La politica dei cinquantenni che il sessantotto non verrà più e i libertari con gli slogan sulle magliette fanno sorridere. Che la politica si fa coi filosofi non con i retori e un’ingiustizia non va commessa mai manco quando la si riceve il bacino del mediterraneo ha scolpito parole nell’acqua e se le sono mangiate i pesci. Quante lettere disperse nelle cene i crostacei. Dovremmo passare più tempo a pescare, in silenzio, per non far scappare i pesci e acqua su acqua e gambero e cernia rifarci un linguaggio. Allora sì, allora sì potremo farci ascoltare. Senza linguaggio lo sai, è inutile parlare.
e tutte le sera.
e li’ che si fa, sicuro che sia una congiunzione?
E’ tutto un grande arche’.
Corretto, grazie. Un caffè.
Il secondo okkei.
Il contorno non so.