Ascoltavo Cremonini perché un giorno migliore verrà e non mi vergogno dei gusti pop dei miei jeans larghi delle chiazze d’olio sulle magliette il sudore della mia fronte è gratis in questi giorni d’afa. Non mangiano più le zanzare troveranno altre caviglie per succhiarci le forze per farci a pois come i cani antipatici che non ci fanno le feste quando torniamo a casa. Dovremmo uscire a cena, berci una birra e farla scaldare a furia di parole, perderci il tempo per le passeggiate nei parchi per fare ironia sulle corse zoppicanti dei giovani d’oggi. Quando eravamo sani quando eravamo belli ci sbucciavamo le ginocchia e leccavamo il sangue che sapore ha poi il dolore? Le nostre croste i nostri passatempi le lenti d’ingrandimento per le lucertole che sapevamo prendere i raggi del sole e fare un fuoco di paglia. Rapiti da questa città i tentacoli delle nostre relazioni appena nate e poi morte di sonno. Quando ti ho scritto che dovevamo fare dei tetti una coperta e lanciare le nostre frecce avvelenate all’ordine dei teatranti alle cronache scariche dei giornalisti e a questi critici a questi critici che condannano l’uso sano dell’intelligenza per la virtualità dei pensieri e la carica elettrostatica del nostro agire. Mio nonno coltiva pomodori sul balcone e sa dirmi con certezza che fare quando la luna è piena. E tu cos’hai da dirmi e tu cos’hai da darmi? Che poi non m’interessa che merito ne avrò che gusto c’è. Ho smesso di bere ti ho detto che non sento più i sapori quando smetterai di fumare di atteggiarti in riva alle finestre sentirai il pulsare forte del muscolo che tengo nascosto, il cuore lo sai che mi piace quando pensi male. Le tue mani scolpite sopra il mio letto quando ti sei sporta più in là e disegnavamo L nella stanza come a dire che per ribaltare il mondo basta rivoltare noi. Che abbiamo ricevuto un dono due volte e non abbiamo potuto restituirlo questa sensibilità che disegna i contorni alle cose semplici alle cose sane alle cose buone e l’impossibilità assoluta di sentirne il sapore che come gli asini sulle schiene portiamo i ricordi e rincorriamo le carote le pietanze impossibili e sulle strade irte di Santorini portiamo a spasso i turisti i culi sodi delle adolescenti ansimiamo forte un passo e un raglio i nostri oh sì ah di soddisfazione per lo sporco che accumuliamo tra gli occhi che vediamo ogni giorno il mare ma non possiamo tuffarci.