Factory Girl

Tra le pieghe molli dei miei divani letto i calcinacci della Factory. E scie bianche nel cielo, le anfetamine maldestre che ti riportano sulle vie scorrette. Nelle tiritere dei fotografi il nostro sguardo deformato sulla realtà. I cantautori che trascinano la barca a riva e le tue gambe lunghe a cavallo di una batteria. Per quei ritmi in levare che ricamiamo di notte, il tuo ansimare e quei due buchi sulla schiena che riempio di parole. Ti soffio dietro all’orecchio e tremi. I tuoi capezzoli piccoli e la malinconia delle tue pose curve. Vorrei dirti affoghiamo nelle lingue straniere e poi brindiamo a questa ricerca affannosa di identità. Chi si tiene a distanza è fuori, e non ogni lasciata è perdizione ti dicevo mentre con le dita trascinavi gocce di pioggia sui vetri. Coi tuoi autoscatti al riparo dello specchio, la tua posa animale, la poesia di un bicchiere già vuoto e la trasparenza delle tue anche. I miei anch’io e gli anche tu e firme d’accusa e difese di morsi. Poi il sonno e questo vento denso di fumo, i camini accesi e la vastità piatta dei tetti di Londra. Prendimi le guance e suonale e poi corri in soccorso dei tuoi capelli lasciati a piangere le litanie dei pianoforti scordati degli studenti del piano di sotto. La coda dei turisti in attesa dei nostri scalpi. Che mentre camminiamo attiriamo sguardi e commenti, tu che mi dici dovremmo spogliarci qui e non daremmo così nell’occhio. Quando mettevamo like alle foto d’autore e poi le ricalcavamo dietro ai vetri, i tuoi occhi fradici di sonno e i Velvet Underground in sottofondo. Quando andavo al cesso e tre o quattro tiri di sigaretta, la testa gonfia e il risucchio dello sciacquone per i miei viaggi notturni negli scarti dei nostri corpi sani. I colloqui di lavoro che affrontavamo tenendoci stretti e il tuo passaporto colmo di timbri. Mi ha chiamato Wharol e ha chiesto di te. Mi ha chiamato Dylan e ha chiesto di me. Non suoneranno fisarmoniche ai nostri funerali, le gigantografie elettroniche dei miti passati riposano nelle fosse comuni. E ricordo soltanto che quando salivi sulla mia Vespa, sedevi a tre quarti.

Foto editor: Neige

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One thought on “Factory Girl

  1. icittadiniprimaditutto ha detto:

    Reblogged this on i cittadini prima di tutto.

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