Il tremolio delle dita sulla tastiera e quella candela consumata dal tempo sul ciglio della vasca da bagno. A fuoco i panni dimenticati in lavatrice, i nostri capi lisi dal logorio delle posizioni di testa. Ci scrivevamo delle lettere per sentirci meno soli. I nostri combattimenti con le ferite aperte delle nostre adolescenze, i tagli orizzontali sulle ginocchia e le canottiere della NBA. Saltavamo a piè pari le convenzioni, ma non eravamo invadenti, anche se ce lo scrivevate appiccicandoci carta igienica sulla schiena come si fa con i pesci in aprile. Addio ai preliminari di sguardi lontani e alle presentazioni degli amici in comune. Parlarsi soltanto per l’empatia dello sguardo o per colpa della strada in discesa, dei sanpietrini bagnati e dello scivolare di queste Clarks consumate. Sarà che la parola caso l’ho affogata nelle naftalina e che non apro gli armadi da tempo, che accumulo i vestiti sui divani e prima di dormire appoggio le magliette sulle luci al neon per moderarne l’intensità. E mi ritrovo al buio. Quanto vorrei sostituire l’invadenza delle mie sensibilità con la banalità dei gesti: una pizza, una rosa, un pompino. E dire no alle birre delle ventidue, al pensare alla Leffe come a una soluzione, un surrogato di libertà che non domanda di senso e chiedersi il perché al Monoprix di Place d’Italie la trovi sempre in offerta. Le mie difficoltà con gli idiomi e la curiosità per le lingue degli altri. Se mi neghi i tuoi muscoli non diventeremo forti mai. Le fascinazioni nelle tue fotografie, i tuoi disegni da bimba e la finezza della conoscenza. Le tradizioni da scavalcare per metter fuori la testa e oltrepassare la soglia. E con la bocca aperta raccogliere i primi venti e poi tornare dai tuoi cari, ti chiederanno il perché dei tuoi denti bianchi, del rosso del tuo palato e diranno distendi le guance, chiudi le labbra che prendo freddo, chiudi le palpebre che prendi sonno. E schiaccerai il bottone sul cuore e li investirai delle nuove stagioni, dalla tua bocca semi e fiori e piante e venti dai nomi impronunciabili. Pesci rossi sulle finestre e nuvole bianche a decorare i soffitti quando alberi di pesco nasceranno dagli occhi. E fiorirai in bellezza per lo sguardo stupito degli altri. Da piccola a donna. Da donna a germoglio. Che ogni giorno è una primavera me l’ero scritto sulle mani. E me lo ripetevo così tanto che ho finito per dimenticarlo.
Foto: Steve McCurry, Jodhpur, 2007.
Photo editing: Neige