E ritrovarsi in piccolezze. Scoprirsi bugiardi e ricominciare il disegno del sé. Lontani noi dal centro, l’unificare le spinte e camminare sulla corda che dimezza il cielo, tra gli alberi di purezza e dannazione la difficoltà dell’equilibrio. Avrei voluto ricordarti di quel giorno nel parco, il pic nic dei nostri chi siamo e confidarsi debolezze e fragilità. Di quel giro per Roma quando la notte non era un piumone, ma voglia e curiosità. I laghi del mio sudore e l’aria condizionata per asciugarci. Quando dormire vicini era volersi bene. E poi distanze e teste di moro e lontananze. Il linguaggio virtuale e la banalità delle domande sull’esistenza. E morire un po’ quando scopri che la menzogna ti è rimasta appiccicata al palato. La lingua al miele e i baci lunghissimi. I miei ti voglio bene e i tuoi lo so. E scoprirsi deboli e sciocchi. Basta una crepa per provocare disastri. E se lo pensi nel piccolo guardi alle marachelle dei grandi e dici che sì, potrebbe accadere anche a te. Dov’è la sorveglianza? Esercizio difficile la vigilanza. E sentinelle lungo i chilometri della mia muraglia. La carta velina dei miei pensieri di oggi, la trasparenza tanto lodata, tanto invocata. Che il tuo parlare e il tuo dire siano della stessa sostanza. E verità è un modo dell’essere, è carne e parola, sei tu. Non ricerchiamo le leggi, non ricerchiamo favole e tesi e sostanza. Nelle persone la possibilità del riscatto e nei dialoghi la tua vera essenza. E tutte queste parole così pesanti, basterebbe un ‘fanculo, e pugni e sudore e occhi neri e muscoli stanchi. E comincio a trapanarmi il cuore per far uscire il brutto. E cerco il blu, un fiore chiaro, che questo nero mi stanca.
Foto: Ryan Mc Ginley
Photo editing: Neige
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