E li vedi che si avvicinano col sorriso appena stirato, lavato, ingessato dagli inchini sul posto di lavoro e tutto il superfluo della vita delle città, il petto in fuori e le orecchie chiuse, le radioline per la partita della domenica pomeriggio e quei suoni ovattati di neve che riesco soltanto a immaginare. E così ti stringono e ti chiedono come va senza aspettare la risposta, lo sguardo sulla riva, quando l’acqua non è mai la stessa e scivolano via le etichette dei tempi dell’adolescenza. E poi tastano forte i tuoi bicipiti per sentirne il tonico, e nella morbidezza trovano la tua inadeguatezza alla vita. E poi una carezza alla pancia per accorgersi che sei un po’ ingrassato oppure no, certo non sai se quella è amicizia o soltanto desiderio di affermazione di sé, il primeggiare nel confronto e dirsi non sono ancora nulla, ma un poco meglio di te, per quei traguardi che cancellavamo sulle lavagne dopo la lista dei buoni e cattivi. Le assenze dei nuovi maestri e la presenza molesta di quelli antichi. Se fai caso al tatto le parole ne risentono e ricamiamo frasi di circostanza trovando scuse buone per farci distanze. Non capisco le persone che non si toccano mai. Che per la conoscenza non bastano i libri, le lunghe ore passate a prendere il senno sulle poltrone scomode delle conferenze e poi le tavole rotonde del già detto. Quando vorrei prendere penna e foglio, distruggere il televisore e poi un aereo per sorvolare tutte le funi che mi trattengono, lo sguardo preoccupato degli altri è solo acqua per quei fuochi che mi tolgono il dono raro della serenità e mi spingono al limite, alla noncuranza degli affetti di ieri. La sovrastima sensibile degli averi, che siano cose, ricordi o amori. Lasciare tutto e andare, per quei reportage sulle cose dimenticate dai più, i vulcani in attività della Siria e le morti scontate della Somalia. La negazione della libertà del corno d’Africa e poi quel che non so. Non bastano due occhi, non una penna, un foglio. Che la mia voce risuoni tra le vostre montagne e si faccia eco, che io non parli di me, ma dell’uomo che questo è: vulcano, fuoco, e poi cenere. E silenzio. E poi voce. Parola.
Foto: © Bruce Gilden
Photo editing: Neige
Reblogged this on i cittadini prima di tutto.
Grazie infinitamente per le tue Parole Vere, sofferte ,dure. Grazie per il tuo coraggio e grazie alle immagini fotografiche che interpretano talvolta con delicatezza, altre con cruda profondità il tuo pensiero sottolineandolo e conferendogli ancora più forza.