Non mi piacciono gli spiedini. Il caldo avveniristico delle città grandi e le vie deserte per il rilascio dei nostri pensieri più belli. Ho immaginato un colore diverso per queste tonalità sporche del bianco. E come a Valparaiso e il Chile del nord, quel viaggio zaino in spalle. Le coperte a tatuarci la schiena e tutti quei farò che scrivevamo sul diario. Le corrispondenze col lasciare e le classifiche di gradimento del passato. E quando incontravamo qualcuno cercavamo di sorprenderlo con l’intimità del qui e gli approcci con le frasi stupide, siete italiani? Siete turisti? La strada dove ci porterà e tutti quei chissà che lasciavamo in bocca alla reception. I soldi nascosti nelle mutande e le paure del diverso. Che sciocco dormire con la preoccupazione per il domani quando ancora una volta è la strada a condurci nei luoghi insoliti dei nostri pensieri notturni. Ci pensi mai che non risolverai tutto con la complementarietà? Le parole più lunghe di due sillabe servono a poco. Litighiamo con gli avverbi quando ci interrogano. E quando brindiamo porto il bicchiere a toccare terra per inchinarmi al mondo e alla sobrietà che vado perdendo. Quando tornerai dall’estero e quelle canzoni inconfondibili dei cantautori, ti aspetterò seduto sui pop corn, come si fa al cinema quando ti guardo soltanto per due ore al silenzio. E i tuoi movimenti nel nero, il tuo profumo e la sensibilità della carne che sfiora. E quando provo a imitare il tuo respiro va sempre a finire che mi viene da ridere.
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