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Sulla senna con Jimmy Choo

Guardava donne con le ali sorvolare le cattedrali tra gli Oh meravigliati delle turiste anglofone. Mentre si chiedeva cosa tenesse i suoi piedi ancorati alla terra, il puzzo di piscia della camminata in riva alla Senna. Quattro ragazzi in bermuda e camicia a tirare su droga dal naso e a scuotere il culo al ritmo dell’elettronica di Villalobos. Le righe orizzontali rosse sulla maglietta larga che si appoggia su un seno appena accennato, lei che muove le labbra e lui che resta in silenzio fissandole. Della collezione estiva di Jimmy Choo e delle derive politiche delle associazioni di volontariato. Così le ribaltava il mondo chiedendole chissà chi ha inventato lo zucchero filato e ci pensi mai a che lingua parleremmo se esistesse ancora la Pangea? Lei scuoteva la testa, rispondeva sciocco, ascoltami e poi chiamava l’amica per chiederle che fine avesse fatto e dirle sono con lui, ma se ci raggiungi possiamo andarci a bere qualcosa, non mi ha ancora detto niente, nessuna novità, no davvero, che ne dici di un gelato, ne fanno di buonissimi. Lui si incantava nel suono improvvisato di certi barconi immobili da anni. Gli veniva a noia il Jazz. Lei gli mostrava il collo e lui la stringeva da dietro. Ti sento distante. Lo sono eppure ti abbraccio, non te ne accorgi? In effetti ci sono muscoli involontari. Ci avresti mai pensato? Io e te a Parigi. Lui non ci aveva mai pensato, proprio mai. Il regalo di lei per i suoi trent’anni e un deodorante firmato Kenzo. Sei stanco? Andiamo a dormire. Lei chiama l’amica, le dice, è un po’ tardi, credo lui voglia stare in camera, non aspetto altro. Ci vedremo domani. Mi fai incuriosire. Così tornavano in albergo, mentre camminavano lui giocava a stare in equilibrio sul bordo del marciapiede. Lei lo guardava e rideva. Lo tirava verso di sè e lo baciava. Una volta in camera lei si chiude in bagno, lui si sdraia sul letto e guarda il soffitto. Lei si lava: le mutandine carine, il profumo buono. Si spalma la crema sulle cosce, si idrata le labbra, gli sciacqui di collutorio per l’igiene orale. Esce dal bagno e lui non c’è. Nemmeno un fiore sul letto, nemmeno un biglietto. Nessuna caccia al tesoro. Soltanto una valigia appoggiata alla porta, così sola, abbandonata, così chic e così firmata: le iniziali di lei.

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Storpierò ancora il tuo nome

La città di notte sognando i playboy e tutti gli altri Iran. Prendevamo in mano i nostri fucili per punirci o solo per fraintenderci. E allungavamo la dita per cercare la spiaggia, affondavamo nei nostri corpi imperfetti e poi ancora la notte e poi ancora il mattino, questi giorni tutti uguali i nostri primi capelli bianchi. Stiamo invecchiando, stiamo marcendo, ma mi hai detto che è vita e io ti ho creduto. E non è vero che fidarsi non costa niente. Per le  campagne toscane, i barconi della Senna che non ho mai abitato. Il cappotto rassicurante dell’inverno. Verrà primavera. E quando tornerai dall’estero storpierò ancora il tuo nome.

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