Son sempre stato bravo coi ti amo

Son sempre stato bravo coi “ti amo”, forse perché non m’importava nulla, forse perché non era necessario dirli. La menzogna in punta di labbra per penetrare le tue gambe bianche, le tue dita bianche sulla mia schiena bianca. Dei segni rossi preferisco non parlarne, li teniamo per noi, li terremo per sempre. Poi il silenzio, qualche ricordo, il tempo di un messaggio, l’ebrietà di una birra per tornare a cercarti. Ora tra noi non c’è savana di acacie spinose e baobab, nemmeno oceano e narvali e orche, soltanto il nulla di questo tempo che riempie le mie notti di vorrei, i giorni di farò, in continua tensione verso te, quello che non c’è, l’arco proiettato dei desideri ha sparacchiato le sue frecce contro l’azzurro inutile del cielo, mentre tu riposi tra braccia che non sono le mie, tra lenzuola di cui non conosco l’odore. Di te che ci sei e non ci sei questa distanza. Di te che ci sei, a notte fonda, polvere e farina di grano nei miei capelli, chissà nei tuoi. Di te che ancora non sei fiore per le mie labbra e nemmeno saliva, di te che tutto già sei e io ancora non so. A che serve invocare il passato, cercarti nelle fotografie. Le innumerevoli fantasticherie nelle pause, quando sostituisco l’immaginazione al reale, come gli infelici, gli ultimi della fila che cercano rimedio alla noia. Mi dici che tutto intorno regna l’amore del qualunque, la difesa del qualunque, la ricerca del qualunque. Il tuo sguardo non è sulla terra e nemmeno al cielo, un gradino più in alto della strada, dove non ci sono più retori ma cantori, dove il vino non è gustato, ma celebrato, dove i miei occhi non arrivano più. Rifiuto ora io lo spettacolo, la compagnia. Delle tue mani lunghe ho disegni a migliaia. Non li vedrai ora, né mai. Volevo andare in Grecia, servono i contanti, dicono, e io di zuppo ho solo il cuore, annegato, affogato che ho chiesto all’amico di sventrarmi con parole potenti, coltello affilato e riempire un vaso di vodka e tequila, senza sale né limone e posarci il muscolo più grande, perché in me torni il respiro, perché io sia di nuovo leggero. Un bambi, diresti tu, io mi incazzerei, forse non più.

Foto: © Benedetta Falugi, http://www.benedettafalugi.com

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