Li invidio nelle loro case solide, mai sole. Li invidio nei loro rituali del weekend, dei baci al risveglio, dell’organizzazione dei compleanni; le cene con gli amici che non vedono dalle scuole medie e la celebrazione degli anniversari. Invidio quel che io chiamo vita e che a me è negata. Stronzate. Negata da te, quel che cerchi trovi, come parli pensi, quel che guardi sei. Sulla scrivania, tra tazze sporche di caffè e fogli sparsi, le parole d’amore degli altri e i miei pensieri infilzati come farfalle. Cercare su Google un aereo, un treno, un albergo, una destinazione per cominciare a immaginare un altrove. Non consolano più le rime sparse dei poeti, anche il narcisismo è disperso ora, nei miei capelli senza una forma, in questi giorni tutti uguali senza uno scopo. Le fantasticherie non regalano serenità; i tuoi viaggi azzurro mare, le tue parole francesi, l’incomprensibilità delle tue frasi brevi. Una giornata tra le tue cosce, con te. Una giornata tra le tue lenzuola, senza di te. Vedere quel che vedi, toccare quel che tocchi, le voci che ti fanno voltare e quelle da tenere lontane. E il tempo che non ci appartiene, l’avena seminata due settimane fa s’innalza ora verde, non manca poi molto alla mietitura. Finiremo anche noi sulle tavole apparecchiate degli altri, a sorridere per le circostanze, a fingere interesse, ad accarezzarci le dita di nascosto. A immaginarci ancora altrove. Abbiamo bisogno di tempo e di stare, ti dico. Tu non rispondi, e il tuo silenzio è come il risveglio, abitudine.
Foto: © Chantal Michel