Potremmo stare più tranquilli, farci meno domande, evitare di bere per non pensare, di riempire i nostri pomeriggi di desideri quando vince la pigrizia e va a finire che guardiamo il soffitto sperando che qualcosa succeda o meglio, che non succeda nulla. La serenità artificiale delle quattro mura, il viaggio come anelito e la necessità di far sempre un passo indietro per prendere la rincorsa e ripartire altrove. Ti dicevo quando troverò una casa non sarò più quello che ero, così ora che ho cambiato quattro stanze in quattro mesi ho le valigie gonfie di libri sottolineati, sfogliati, pagine con le orecchie e copertine sporche di caffè. Il mio corpo si consuma, la corrente si consuma, anche l’acqua si consuma, perché aver rispetto della carta? Non c’è tempo da perdere, dici, un treno ci aspetta, non so dove andare, ti dico io, rispondi fidati e mi porgi la mano. I capelli ti si appoggiano alle guance, è un istante, poi volano sulla tua nuca, il treno parte. Io rimango sulla banchina. Quando pensi la bocca ti rimane sempre socchiusa. Vorrei avere il tuo sguardo. Penso che il mondo è per tutti diverso, che a volte è proprio impossibile capirci, che tu sai creare orizzonti spingendo l’indice destro sulla macchina fotografica. Sei così severa con te, fino al chissenefrega. Ho una cartella sul desktop, è un tuo diario di un viaggio lontano, pensavo fossimo vicini a quel tempo, invece eri già partita e io non mi ero accorto. Qui è zuppo di turisti tedeschi, hanno tutti un cappellino di paglia, sono al Colosseo, a piazza del Popolo, sono a piazza di Spagna e a piazza Navona – quante piazze Roma –, hanno gli sguardi un po’ persi, prima ridono poi scrivono sul telefonino, poi prendono la mira e pigiano il dito sullo schermo e condividono il ricordo e poi si guardano intorno e poi mangiano il gelato, la pastasciutta, mangiano la pizza e poi si fanno la doccia e si mettono il profumo, si phonano i capelli e raggiungono altri turisti. E vanno nei bar per turisti e parlano con altri turisti e ballano con altri turisti e i turisti approcciano le turiste, e i romani avvicinano le turiste e qualcuno guarda e dice son sempre troppi i turisti, forse siamo di troppo anche noi, andiamocene via, via per sempre, ma dove? Così parliamo coi turisti e io racconto della tua camicia bianca e mi viene in mente che anche a Milano ci sono le piazze, ma non hanno dei nomi che ti ricordi e il Duomo la sera è deserto. Poi bevo la birra e ti penso, ma non ti scrivo, non ti scrivo più. Che sciocco.
Foto: © Graham Miller