L’incuria nella barba, i capelli lunghi e gli stessi pantaloncini da un mese. Poche magliette, lavate e rilavate, quasi trasparenti e tagliate sulle spalle. L’abbronzatura sul petto e sulla schiena e il viso arso, le mani rovinate e terra sotto ai piedi nudi. Sul camion con la frutta appena raccolta, dormire tutti insieme in quell’odore di noi e di pioggia e di sole e di aria e di palme e i nostri vestiti ad arrostire su quei fili che avevamo tirato in fretta, solo per oggi, li sistemeremo poi, dicevamo, e ora toccarli è impensabile. Viviamo in un camion eppure sentiamo di vivere tra gli orizzonti, non ci sentiamo stretti o sacrificati, conosciamo gli orari del sole e il nostro volto si solleva tra nuvole e stelle, sappiamo contare fino a tre, poi ci annoiamo. Durante il giorno frequentiamo il silenzio o cantiamo. Nella notte i nostri occhi splendono, non ho mai avuto questa luce dentro, ci pensa lei a trovare uno sfogo. Così quando ti guardo siamo nel bianco luminoso di queste albe, il giallo arriva lento e soltanto al finire del giorno scappa veloce e subito è buio. Laviamo i denti quattro volte al giorno, abbiamo la bocca pulita come il cuore mi dicevi ieri notte e mi leccavi le labbra. Saprei riconoscere la tua lingua tra tutte, come ho potuto lasciare le redini ai baci in discoteca e all’ebrezza? Facciamo l’amore ed è sempre bello, finché mi guardi e dici dovremmo tornarcene a casa. Quale casa? Camicia e cravatta ti chiedo? Conosci un altrimenti? mi rispondi tu. Eppure qui siamo così liberi, forse santi, abbiamo lasciato tutte le necessità, non possediamo nulla se non noi stessi, e forse neppure noi, perché non ti chiedo dove vai quando resti a dormire fuori e tu non mi chiedi perché scrivo così tanto e tossisco forte. Sei sicuro che sono le mura quello che ci protegge? Perché racconti di noi a tutti quanti? Non ci pensi a un bambino? A una colazione fatta di porcellana e tovaglie bianche? Non ce la faccio, ti dico io. C’è così tanta ingiustizia nel mondo e sono così ingiusto anche io. Non pensi a tua madre? A tuo padre? C’è così tanta disperazione nel mondo e sono disperato anche io. E alla gioia? Non ci pensi alla gioia? Una tovaglia bianca e porcellana? Il mare nel week end? Dimmi che ne sai tu della gioia. Allora ammettilo che siamo nati per la malinconia. Torniamo a casa? Non credo sia giusto. Io vado. Buon viaggio.
Foto: Ernesto e Alberto, Sudamerica.