La confusione ci sorprende a sera. Piedi nudi fuori dal piumone, lingua al tabacco e magliette larghe. Decifrare i segni del corpo, un bicchiere d’acqua e poi il letto. Un fischio prolungato, sempre uguale, teso tra le tempie. I bassi e le luci colorate, tutti quei neon che ci fanno brillare gli occhi. Le barbe lunghe, i capelli rasati sui lati, scarpe tutte nere e camicie aperte. Balla tu che ballo anch’io, sarà la spinta a ridarci equilibrio. Attento alle tasche, alla notte al futuro. Tutti quegli approcci grevi, le mani che stringono visi sconosciuti e le occhiate che tagliano il nero. Tra i sampietrini i segni di una fuga, bicchieri vuoti, sacchetti in plastica e sigarette spente. I lampioni restano accesi e non commentano. Soltanto una donna, le rughe in fronte e un guinzaglio legato al polso. Lei e il suo ronzinante, cane anziano, occhi velati. Non si sa chi conduca l’altro. Intorno la notte. Chi ha perso il tempo e chi invece si perde. Chi il tempo dimentica e non distingue le ore. Tu intanto un’altra autostrada, un’altra città. Chissà se ti misuri in distanze, chissà se ti viene in mente il mio neo. Tutte le volte che fai un punto mi stai disegnando, tutte le volte che metti un punto mi stai allontanando. Ho così voglia di luoghi comuni che le domande si fanno invadenti. Tutto questo vuoto intorno, questo spazio infinito che separa i nostri alfabeti. Le tue frequentazioni e il melange delle lingue. Come le rondini tu. Fai il nido e poi emigri, l’anno dopo torni. Sarai ancora tu, sempre la stessa? Mi ingannano i capelli, le labbra rimangono rosse per sempre. Ho più chiodi sul muro che quadri. Non piango, lo sai? Non piango mai. Dice l’uomo debole alla donna forte. Chissà i miei vicini, chissà il pigiama, le schiene curve e odore di verdura stufata in cucina. Finiremo così. A misurarci la pressione, tenendoci la mano.
Foto: dalla rete.