Il mattino e l’oro tra le coperte. Le nuvole bianche della Sicilia e tracciare coi piedi le linee bianche degli aerei. Modificare le piogge dei tuoi capelli e pensarti sui tetti di Londra con le luce fredda di novembre e le tue gambe a cavallo delle terrazze. Quando srotolerai le ciocche per farmi salire sulle tue guance mi terrò stretto al bavero del cappotto invernale per tenere al caldo le spalle e poi donartele quando sarà tutto pronto sulla tavola del nostro futuro prossimo. Come quella polaroid che dovremmo scattarci, io non so nulla sui tempi d’esposizione dei sentimenti così dico tutto e subito e non ho rispetto dei tempi del prossimo. La prima pietra scartata dai costruttori, i disturbi degli alimentari e le sveglie alle sei del mattino col martello pneumatico delle lamentele degli altri puntato alla gola. Maledette malelingue e quel Sanremo lontano, la voce di Graziani per le contraddizioni della provincia e la mia malinconia per i pomeriggi passati sulle panchine dell’oratorio quando non c’erano argomenti e si tirava il pallone contro al muro per scacciare la noia. Così i primi tiri di sigaretta e gli sguardi lontani delle ragazze. Ti piace quella? E la risposta era sempre un no. Rimandare tutto ai sogni della notte e poi i sensi di colpa immerso com’ero nel perbenismo dei più. E ora che vengo a bussare alle tue costole e non so spiegarmi il perché. Le tue frasi brevi e la punteggiatura naif, le storie che volevamo raccontarci, e quando ti vedo in televisione mi sembri meno bella. Per gli slanci rimando alla carta, agli aeroplanini lanciati dal tetto e alle traiettorie strane dei miei pensieri di oggi. La prepotenza dei tuoi stivali e quei vestiti insoliti. E su di me lo sguardo da boia dell’impossibilità di una qualsiasi autarchia, che sia del sentire o persa in estetiche, per i vizi di forma del mio sedere e questa barba che si fa più lunga col passare dei giorni. Vorrei venire a prenderti in bicicletta, sentirti scendere le scale, e non so ancora come cammini sui tacchi e dimentico ancora come sorridi quando saluti. Portarti al mare e parlare del niente, lanciare il pallone verso l’orizzonte e poi aspettare che l’onda lo riporti in riva. E se non torna fare il bagno e rincorrerlo, nudi o vestiti che importanza ha, che non è il nudo ciò che ricerco in te. Il desiderio è una questione di dilazioni. Chissà se mai riusciremo ad essere come quelli dei film. Così belli, così felici. E lasceremo impronte sulla spiaggia la mattina presto, prima del mondo, prima di tutti. E non aspetteremo l’arrivo degli altri e nemmeno ci volgeremo indietro. Conserveremo ricordi come fotografie, con la promessa di appenderle al cuore quando baciandoti mi abiterai.
Foto: da celluloidpolaroid.tumblr.com
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