Vorrei lasciare una pagina bianca per dirti del vuoto che mi trapassa, delle notti con gli occhi appesi al soffitto e i crocifissi che mi guardano con le domande sull’esistenza, che fine hai fatto tu? Dove ti sei nascosto? Le esplorazioni quotidiane del cuore e la domanda del senso appesa alla vita, il macigno leggero per le ricerche della felicità. E quando perdi il passo; il freddo, la confusione della stagione di mezzo e il nodo che si allenta, il passo troppo svelto con la velocità che non si preoccupa delle scelte sbagliate. La libertà abusata dell’isolamento per la questua d’affetto agli angoli della strada. Ho i fianchi un po’ molli ora, quando lasci la briglia perdi il controllo: l’odore dell’olio bruciato e il pentolino del tè consumato. Disordine e sporco e sudore gli indizi simpatici della sconfitta, non resta che rimboccarsi le braccia e piegare il capo per la polvere sana delle parole care. Abbiamo fatto i bagagli noi e negli zaini solo il necessario: le scarpe comode; col superfluo aggrappato alle ascensori del tempo che abbiamo perso, che siamo rimasti incastrati col pulsante premuto per chiedere aiuto e tra un piano e l’altro tagli di luce, il verme divoratore dei semi per le false gemme, le profezie sui nostri futuri e quell’insaziabile fame di cambiamenti. Quando ero in piazza a Vienna ho pensato che i palazzi alti protendono i balconi per abbracciarti e non farti sentire solo, ma era solo cemento freddo e bianco. E’ così difficile avvicinarti che non bastano gli aquiloni che farei volare in toscana, te li immagini tu? I nostri due draghi colorati, l’abbaio festoso dei nostri fidi e la distesa gialla dei girasoli, a raccontarci del capodanno cinese che tu sei del drago e io del cane, che basta l’immaginazione per distruggere le distanze. C’eravamo fatti sondaggi io e te così complessi che finivamo soltanto col domandarci come stai. Farò una coperta con le prime pagine dei quotidiani e abiteremo il mondo così, informati e responsabili, la cacceremo nel sacco e prenderemo il largo tornando a chiamare viaggio i nostri piccoli fiumi, e non paludi, e non pozzanghere. Che vorrei saltarti dentro per farti ridere e bagnarti i capelli, che sono stanco delle fotografie.
Eccellente.
Troppo buono. Dovrò scrivere del nostro incontro.
beh…noi non ci siamo mai incontrati.
Potresti scrivere del nostro nonincontro!
Verrebbe comunque benissimo.
Ottimo, davvero.
Potrei, è vero. Ma qui di non incontri si parla già tanto, non credi?
sì, sì…certo…
Ma così, come Esercizio di stile!
😉
Giusto!