Nuoteremo di giorno, fioriremo di notte

C’è un quadro di Daubigny che porta il tuo nome.

Così ti rincorrevo nei corridoi grandi dei musei fermandomi a lungo sulle panchine per guardare la gente fotografare di nascosto e confrontarsi sul senso delle immagini.

Io che scopro il pensiero soltanto nel letto e sulla strada mi faccio investire dal colore e dall’estetica, null’altro.

Come carta carbone prendo le pieghe delle tue guance e mi trasformo in cuscino per le tue notti insonni.

Chissà che pensi in tutti i tuoi silenzi. Chissà che guardi e quante volte al giorno ti sistemi le unghie.

A leggere la cronaca dei giorni peggiori e di chi non sa mordere il freno alla lingua. L’estetica è troppo importante perché si tramuti in insulto, preferisco un marmo levigato o i tuoi fianchi accoglienti.

Chi vomita odio e sciocchezze è colui che non sa sorseggiare il vino e sentirne l’odore, riconoscere i frutti.

Preferirei farmi sordo alla critica per non scoprire ancora una volta di essere io, il primo, il razzista. Io, il primo, il violento. Se la tua lingua darà scandalo, tagliala.

Riconoscere gli ambienti e cercare gli occhi prima di lasciare andare le labbra e investire in discorsi. C’è un alfabeto che trascende la scuola ed è esperienza e sguardo: incontro.

E vorrei chiederti scusa per le mie invadenze, perché non so tenere il ritmo e accelero in battere. Per mancanza di tatto e la debolezza. Io così uomo, così fragile e inadatto al due. Forgerò nei vulcani dell’isola magna armi nuove e scudi lucenti. Trasformerò le spalle in caverna e aprirò la porta ai pomeriggi d’estate, guardando in alto e dimenticandomi dell’ombelico.

Tu, se puoi, se puoi soltanto, sorridi alle mie mancanze e riempi i silenzi di senso, che prima o poi saremo cascata o soltanto ruscello.

Nuoteremo di giorno e fioriremo di notte.

E vestirò una maglietta larga e piedi nudi, sentiremo l’erba sotto ai piedi e ci dimenticheremo del mondo soltanto per oggi, così le farfalle verranno a far visita ai nostri capelli e ci presenteremo agli amici come un quadro di Renoir. Belli, incomprensibili e strafatti di luce.

Quadro: Renoir

papaveri

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