Nottetempo viaggi in metropolitane, e cosce snelle, bocche ubriache di rosso e piedi unti e creme profumate.
Nottetempo sguardi bassi e occhi neri, melodie arabeggianti agli angoli della strada.
E tette enormi di prostitute settantenni.
Catene d’oro per colli d’ebano e suoni gutturali.
Le strade si assomigliano, si fanno strette, il passo è stanco, il piede spinge sulla scarpa nera elegante mentre la barba si manifesta e la pulizia del mattino è ancora da rifare.
Non sono bravo coi pronomi possessivi e al posto di mio o tuo preferisco dare un nome nuovo alle cose: chiamerò i tuoi capelli trasferelli, la tua bocca albicocca e i tuoi occhi pastrocchi. E quando ci ascolteranno parlare sembreremo bambini o folli, di pastrocchi, trasferelli, albicocche. Stavamo bene un tempo quando distinguevamo la notte dal giorno e cercavamo pascoli lieti e pecore smarrite da rincorrere con lo scettro dell’estetica e la parola melensa.
Sono vietati i panni stesi e per mancanza di spazio fioriscono i business delle lavanderie.
Sono vietati il fallimento e la gentilezza fine a se stessa. Sono vietati i complimenti strani: che belle gote hai, che buone le tue caramelle, mi piace il tuo mignolo dovresti affondarlo nel mascarpone e poi appoggiarlo sulle mie labbra.
Ho rimandato gli odi ai campi incolti, senza recinti né margini, ho delegato la gelosia alle coppie vergini, la rabbia alle relazioni più vere.
Quando mi fai leggere versi dell’Achmatova o di Aleksandr Blok penso all’attitudine della vita da single in case piccole e funzionali, alle regge e ai palazzi, alle cascine e alle case di ringhiera, e a quanto doveva esser bello cercare solitudine in strade e boschi, quando dietro ai paraventi di consumava la scoperta del nostro sesso e si finiva in rincorsa d’ancelle. Nascosti dietro all’occhio, sulla porta, il bagno dell’amata e dietro ad alberi le nuotate a passera sciolta delle dame di compagnia.
Le etichette all’amore si fabbricano nei palazzi, all’aria aperta è un fiorire di prati e gioie e consolazioni nobili. E quanto è bello sentirti ansimare, e dopo l’amore potremmo aprire le cataratte dei nostri discorsi mai rivelati ed evitare le complicanze dei perché.
Giudizi e tribunali non nascono per i sentimenti, ma per le azioni stolte, quelle del tu, mio.
E allora voltati, guardami, fatti rincorrere, e allora voltati, guardami e poi nasconditi.