Parlavamo d’alfabeti io e te. Che sapevamo scrivere sui muri i nostri desideri d’essenza. Le mancanze prolungate dei riconoscimenti alla nostra giovinezza, verrà un giorno verrà se esiste un tempo per maturità. Abbiamo gli stessi occhi quando osserviamo dal basso i palcoscenici atipici di questa città che ansima sulle rotaie e dimentica i suoi natali al puzzo di palude, le chiuse del Naviglio e i balconi fioriti di via Fiori Chiari. Il movimento a salire del nostro sentire, quando col dito tenevamo il tempo del cuore, tum tum tum tum bussano i nostri reni che imbarchiamo acqua per tirar tardi la sera, affogare l’assenza del sentire armonico quando non bastano i discorsi e la solitudine è così presente che ti accarezza le guance; cercare un senso al se fosse e guardarsi intorno per accorgerci delle derive dell’estetica moderna. Ti ho già detto che sogno Firenze che Ivan Graziani è morto troppo giovane e abbiamo scritto MAI sui resti di un foglio di carta, poi l’abbiamo leccato e ce lo siamo appiccicati in fronte come a dire che il mai possono dirlo gli altri e noi portarlo addosso perché la paura dell’imprevisto crea soltanto scompensi. E su quel palco c’era Battiato che non suonava, che non cantava, che mostrava il suo disegno di uno struzzo, la foto sull’I-phone per le signore imbelli e usava parole forti, che la volgarità è una cosa stanca e chiama l’applauso, così umano e poco aereo che era una meraviglia ci siamo detti e poi ci si chiudevano le palpebre pensavo ai lamenti lunghi di Carmelo Bene che la sofferenza vanga la pelle e rivolta gli sguardi, l’accesso privilegiato allo sguardo interiore viene da un taglio altro che armonie, altro che teorie. E una canzone triste triste triste e sezionarci le vene di quella volta che mi sono sbucciato il ginocchio a 16 anni per tornare a casa in orario, salutare la fidanzatina del mano nella mano e leccarmi le ferite per la scarsa invadenza delle mie labbra. Che si nascondono due fiumi dentro al mio petto e invadenza d’occidente e orizzonti d’oriente, la ricerca dell’unità nel delta che cerchiamo il mare, ma ci perdiamo nei rubinetti e il chiuso aperto e il caldo e il freddo, che cerchiamo il mare, ma ci perdiamo nei rubinetti.