Undici passi io e te

E poi tatuarci addosso il tempo del respiro per sapere che dopo le corse è necessario ansimare. La normalità dei battiti, il rosso al tempo dei semafori e quelle docce lunghissime per lavarci via i rapporti superficiali delle nostre giornate open space. Quando ti ho detto che le nostre case potrebbero essere bellissime se solo avessero finestre sul mare, le montagne e il cielo azzurrissimo dei giorni più freddi. Mi hai detto che sei dei piani alti, che vedi l’oro della Madonnina, le luci tricolore del palazzo della ragione. Ti ho risposto che mischi troppo le cose, che l’acqua e l’aria non si assomigliano neanche un po’ che in una si nuota, nell’altra si vola, che nuotare è possibile e volare no e ti sei offesa, hai detto che non è colpa tua se io sono così infelice. Che poi lo sai che non è mai questione di felicità, che è una parola fragile che appena la pronunci scompare come il silenzio, come i tuoi sguardi dell’altro ieri. Che siamo sensibili come gli antifurti, al primo soffio accendiamo le luci e cominciamo a urlare forte senza rispetto per i vicini. Per i sonni lunghissimi dell’età di mezzo. Presenze e coccole che non ci vergogniamo più delle parole buone. E se il mio viso t’inganna, se la mia voce ti stanca puoi fare come tutte le altre e prenderti le tue distanze. Non sappiamo misurare le lontananze io e te. Troppo vicini da strapparci le labbra, troppo lontani per confondere i cuori. Dovremmo chiamare un arbitro che ci conti i passi, undici metri e il rigore delle giornate invernali quando il doppiopetto non mi fa più strano di quello che sono. E poi le parole amare che dico le parolacce io, soprattutto cazzo, che sono dolce come il marzapane quando mi assaggi in punta il sapore della cannella. Quei sapori che non dimentichi, il ripieno al radicchio delle capesante il giorno del Natale mentre tu non ci sei ed io continuo a volerti bene anche se ti sei costruita intorno una gabbia. E allungo la schiena e ti porgo il mio cibo, l’erba che fa volare tra i fili verdi delle mie parole, che mamma non guarda e non ho intenzione di chiedere permesso. Tu chiudi gli occhi. E fidati. E mangia. Ti farà male. Ti farà bene.

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