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Te li ricordi gli Uniposca sugli zaini Invicta?

Parlarti dell’amore come di un lungo silenzio come si fa con le persone che non abbiamo mai conosciuto e non sono famose perché se lo fossero gli avremmo lanciato addosso tutte le nostre smorfie del pregiudizio e avremmo confuso la bellezza con le passerelle, coi palchi dei grandi forum nelle pause tra le partite di basket. Hai mai pensato agli sguardi in metropolitana come a dei proiettili che si rifugiano nei nostri stomaci solo per qualche secondo prima di vomitare un altro aiuto al tempo, per non arrivare in ritardo agli appuntamenti coi nostri letti ancora sfatti che al mattino non abbiamo voglia. E sorprenderci nel dopocena a chiederci se abbiamo cenato e che cosa avremo poi mangiato che trafitti di pensieri scordiamo le pupille tra la lingua e lasciamo i sapori alle etichette colorate dei sughi pronti e delle scatolette. Se ci pensi bene non ci parlano più delle guerre. Che c’è un periodo per ogni cosa. Ora è tempo d’inseguimenti e cinture strette coi poliziotti che prendono in mano le pistole perché a portarle in giro tutti i giorni poi ti vien voglia di usarle che è per quello che non compro più le sigarette. Quando ho smesso di fumare sono ingrassato molto ed evitavo gli specchi che i bagni dei locali pubblici erano sempre un problema. Mi hanno detto che sarebbe meglio dimenticarti, ma il pennarello indelebile non si cancella coi pianti e nemmeno con l’alcool, te li ricordi gli Uniposca sugli zaini Invicta? Ci avevo scritto W i Queen e AC/DC col fulmine al centro come a dire che mi stava piovendo addosso l’adolescenza, ma tardano i soli e la mia pelle è bianca, bianca come i fazzoletti che sventolano gli arresi. Vorrei soffiarti tra le guance per donarti coraggio e prendere lo scivolo della tua schiena per la rincorsa, il volo sulla luna per recuperare i sentimenti, le ampolle chiuse e l’unicorno bianco e come Astolfo girarmi di scatto e trovare scritto il tuo nome.

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