Avevamo paura dell’autostop, ora temiamo il come stai

La curva della tua schiena, la piega sotto al tuo seno. Ti fai bella in particolari mentre appoggi le ginocchia sul divano, il palmo delle mani al muro chiaro, sono le scarpe da ginnastica a dar colore alla stanza. I tuoi capelli neri, i tuoi occhi neri e nero fuori dalle finestre, sopra la terra coltivata e dietro ai lampioni. Mentre Chet Baker si esercita alla tromba tu chiudi gli occhi, ti volti, le scie delle tue dita lunghe nell’aria sporca delle luci al neon. Migliaia di particelle in danza e noi che non ci accorgiamo di nulla. Le dita stringono il bicchiere impreparato al risveglio. Le tue palpebre ancora chiuse, le tue cosce nude e quel pendaglio che scivola tra le torri in costruzione dei tuoi capezzoli. Il muro ansima e tremano i quadri sui bassi dello stereo, se ho cambiato la musica è soltanto per risvegliare il tuo senso della realtà, persa tra le notti insonni e i pensieri lividi sul futuro ti sei fatta riparo e accogli in immaginazione quello che io vivo nei passi. Non sarà questa distanza a fermare la mia domanda di senso, di vita, di legna che arde in camini poveri e materassi sfondati e viaggi dell’ultimo istante, sempre fuggiaschi. Una volta avevamo paura dell’autostop ora temiamo il come stai. Per ritrovarti interrogo i ricordi e quelli mentono, triste il me di ieri che margherite cercava in ossessioni con gli occhi pitturati di cielo. Ti sei mai sentita immortale ti chiedo mentre immagino il tuo orgasmo, la gola che si chiude e gli occhi aperti, le dita dei tuoi piedi e gli spasmi del tuo ombelico. Estetica e denaro lasciamoli ai morti ti dico, mentre con la maglietta ti ripari il petto, perché ti vergogni, non parli e lasci scoperta la spalla destra. Nell’universo altri scontri, esplosioni luminose e l’assenza del suono. Tu ancora ansimi, sei flauto d’ossa, suoni la sveglia e il marinaio lascia la cabina e sale sul ponte liscio delle tue cosce, in punta di lingua sul tuo ombelico, ti lasci condurre e non danzi più, la testa china, le mani a stringere le lenzuola. Porti il bianco sul viso, sei salva ora, trionfante dimentichi le tue mancanze, non hai nulla e nulla ti serve. Nemmeno la luna ti sveglia, stringi il cuscino e dormi. Domani, arriverà domani.

Foto: © Giulia Bersani

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