Laguna senza porti e approdi piccoli, vestiti lunghi e creme su pelle avvizzita e trucco su occhi bianchi e colorati intorno. Il luccichio dell’acqua quando la luna sorge e rumore di eliche, terrazze e aperitivi a base bianca. Tutto l’acido negli intestini e i farmaci sul comodino, quante sigarette arrotolate, odori d’erba, sostanze bianche sui lavandini bianchi dei bagni lussuosi degli hotel del centro. Sistema la scollatura e datti il profumo, lo vedi quello e quello e ancora quello? Lo conosci quello? Vai a presentarti. E raccogli indirizzi sull’iphone e ti chiedi chi sei e se ti basta tutto questo o preferiresti essere altrove. Quanto è lontano il tuo ragazzo, la ragazza che non hai scelto e le sue labbra rosse, le sue sigarette aspirate in posa. Così siedi coi noti e ricalchi le gesta di chi ti ha preceduto mentre un ragazzo, camicia originale, capello corto, accento gentile, alza il pugno, saluta, la giacca inappropriata e camicia bianca perché è lavoro. Poi a casa l’orto, il credo, la musica. La spontaneità ci avvicina così e ci sorprende in abbracci, quando invece il sigaro si consuma su dita avvizzite e produttori stanchi e le notti si colorano di carne. E invece tu proponi il tuo sguardo su instagram e non sei mai in primo piano, proponi il pastello dei mari in settembre, proponi mancanze e farò. Io navigo a vista, cambio case, alberghi, autostrade, auto e battelli, non sento nulla, orecchie nell’acqua, imparo a nuotare a dorso per guardare il blu. E fumo poco, troppo poco.