Magari sorridere in fotografia. La spontaneità lasciata nelle case degli altri. Dietro alla porta di camera nostra tutto il nero delle notti insonni, i libri abbandonati dopo qualche pagina, scontrini ovunque. Tazze vuote e fondi di caffè. La delusione azzurra, i dispiaceri nell’alcool scompaiono presto. Così la bocca è asciutta, svegliare la notte più volte, attaccarsi al lavandino per spegnere i pensieri invadenti sulle vite degli altri. I nostri cari dormono. Tu non lo so, nemmeno mi interessa, dico davvero. Al fischio finale i nervi poco saldi, rispondere a un amico perché dopo la delusione vuoi soltanto silenzio, scoprire la mancanza di controllo, chiedere scusa, ho fatto con te quello che si fa con le madri, il fanculo che vuol dire sfogo, soltanto con te, con te a cui voglio bene, il resto non è importante. Mentre al di là della Senna si compiono gli anni, e il peso della pelle sotto agli occhi ci deforma lo sguardo, un giorno limpido, quell’altro stanco. I bambini crescono, i padri invecchiano e la bava non ci spaventa più. Non ho più nulla da dirti, nessuna visione da tradurti in parole. Le tovaglie ancora stese nei vicoli di Palermo, che Notre Dame è più bella se la guardi da dietro, la Tour Eiffel piace agli amanti dei centri commerciali. E tu? Tu sei quello con la pancia, che al mare nessuno avvicina. Dove sono i futuristi? Generazioni dietro al computer a innovare la lingua in strisce html. Ci ritroviamo con le nostre sensibilità imperfette, ad invitarci a casa per prendere luce al bianco del seno, stringere fianchi per attaccarci a qualcosa, mentre tutto cade, rimaniamo in ginocchio grazie agli incontri. Ma poi noia, la nostra testa altrove e rigurgiti di sincerità. Non adesso, ti prego, non voglio, o magari vorrei, ma che senso ha? Lo vedi come sei piccolo? Cerchi e ricerchi i perché, lasciali perdere, pensa a un pallone, ti ritroverai a esplodere in rabbia, maledire a gesti, tutte le ovvietà, la volgarità sulla punta dei tuoi capelli e i calci alla roba. Eccoti qui. Tu, come tutti gli altri. Tu, per una volta vero.
Foto: © Luca Galavotti