Da giovane a dio

Non sono mai andato a puttane, inutile insistere, non mi piacciono le cose consumate. Non sono per il vintage, direte voi, anche se ho la barba. Stronzate. Io le puttane le ho incontrate. Sopra e sotto i letti, per strada, nei bagni dei locali e contro ai muri di casa. Ovunque le ho incontrate. E mi piacciono. Non bisogna trovare mezze parole, basta uno sguardo e si avvicinano lente al tuo braccio, si lasciano cadere già ansimanti. Fingono ubriachezza e ti raccolgono le mani come fanno le madri, cercano violenza o protezione, la noia le ha ridotte così e il potere che inseguono e il potere che sposeranno prima o poi.

Suonano i campanili, suonano anche la mezz’ora. Perché a Milano non più? È tutta una chiesa qui e atri sempre vuoti. Silhouette che si muovono dietro alle tende e donne grasse, infradito e unghie colorate di rosso.

La cosa che più mi annoia, lo sai, è tirare le somme degli eventi pubblici. La cosa che più mi annoia, lo sai, sono quelle frasi per far felici le circostanze. Perché non si legge più? Perché non ci si incontra più? Qui ci starebbe bene qualche dialogo con gli ultimi, gli ultimi veri, quelli che hanno perso per sempre.

Un dialogo da marciapiede, di quelli diretti, esaustivi. Cinquanta bocca e scopare. Me lo dici così? Altrimenti non capisci. E il culo? Il culo no. E il culo? Il culo 100. Schietti, precisi.

Non giriamo troppo intorno ai concetti, e se tanto ci piace adoperiamo la grazia delle farfalle, la lucentezza delle ali dei calabroni, i voli rasoterra dei pipistrelli, quando si parla di volo c’è sempre il rischio della morte, lo sai? Rischiare la vita per far del bello parola. Ecco qui, nulla di più semplice, nulla di più… sono generico anch’io, come un invito a cena.

Di quella ragazzina, gli occhi blu, il coraggio come gli occhiali appoggiato al naso, nessun timore, nemmeno il tremolio di un dito: “Voi adulti tenete lontano quello che non riconoscete, non è vero? Voi adulti parlate bene dei neri, dei pellerossa, mangiate il sushi o all’eritreo con le mani. Voi adulti siete diventati moda. Noi giovani vogliamo essere sempre più diversi da voi perché se ci disprezzate vogliamo lo facciate per un motivo.”

Sempre la stessa storia, sempre lo stesso giro. Ci vorrebbe qualcosa di magnifico, come quel gol di Alessandro Del Piero alla Fiorentina, 4-3, come Pantani sul Galibier, come Mameli che scrive l’inno e muore adolescente, qualcosa che avvicini un giovane a un dio.

Oggi si ricorda Peppino, morto ammazzato, morto giovane, quasi un dio. Peppino che non strisciava per terra, che provava lo slancio e rischiava la caduta. Peppino è morto, ricordiamo Peppino, vivo, il pugno alzato, le braccia magre. La risata ce l’ha restituita un film, ricordiamo i giovani, ricordiamoli uomini.

Per tutti quelli che il gol spettacolare l’hanno fatto dopo, per quelli che hanno dato tutto negli allenamenti, per quelli che incoraggiano il compagno, per quelli, per quelli, per quelli che non ce l’hanno fatta, che il peso era troppo e la sensibilità bastarda. Per quegli uomini sofferenti e magnifici. Per chi ha la scorta, per chi è in esilio. Per il coraggio. Per chi ancora scappa e per chi non vuole tornare. Perché per una passione vale la pena esistere, il resto sono sfondi di circostanza, nuvole senza forma.

Foto: dalla rete.

Alex Del Piero goal 3-2 Fiorentina

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