Che cazzo vuoi, ma vaffanculo e non lo so dove sia mia moglie: parole sporche di caffè e cornetto nei bar delle periferie. La gazzetta lasciata aperta sul tavolo soltanto un pretesto per i nostri discorsi sul tempo. Io non ci so contare fino a diecimila, le vite inghiottite dall’onda, stravolte nell’aria. Le Filippine che ci figuriamo soltanto nelle camere da letto o in cucine eleganti. Varranno di meno le morti lontane? Chi ti dà il senso del nostro risveglio?
Non bastano i tuoi occhi trasparenti, i tuoi denti bianchi e la semplicità del tuo pigiama. Non basta accendere la televisione e ritrovarci i talk show che rassicurano. Poi vieni ancora a domandarmi e se fossimo noi i figli degli altri? Io non ti capisco. Mi dici che la nascita è tutto, ti dico che nascere non serve a niente, che la fatica è disfarsi del ciuccio e rivoltarsi in coperte non tue. E infine i discorsi sulla ricchezza e il presidente dell’Uruguay come un esempio, lo sai che era un ribelle, lo sai che ha combattuto, lo sai che ha ucciso? Hai visto mai una rivoluzione che si è realizzata senza una morte?
Io chiudo gli occhi e ti ascolto, ma sii sincera e se vuoi tagliami il fiato, separami il respiro. Non ho tempo ora per fare delle filosofie o per recensirti un film o uno spettacolo qualsiasi, ti dico guardalo e se ti annoi lascia perdere. Non ha senso domandarti di finire un libro se rimandi al domani anche le lavatrici.
Lascerò prima o poi la città, me lo sono inciso dietro le scapole, abbandonerò queste strade strette, queste auto le lascerò alla sosta, il carico e lo scarico delle nostre frustrazioni. Ma da solo non serve a nulla, se è vero che un uomo solo è moltitudine è vero anche che non puoi urlare Geronimo senza un esercito da sconfiggere e un cavallo per condividere una vittoria, per tornare indietro dopo una sconfitta.
Foto: Margaret M. De Lange.
qui leggere…fa bene.
E male.
Comunque…fa.