Con la pigrizia della domenica mattina che lascia chiuse le finestre e attende a lungo l’odore del caffè. Mentre ti preoccupavi degli altri e ti facevi domande sulla lunghezza dei tuoi capelli provavo a esporti la mia teoria della relatività, dicevo lascia perdere i giudizi e quando cammini cura il tuo incedere: la testa alta, le spalle rilassate; mi interrompevi curvando le labbra verso il basso coi tuoi però non è giusto e sussurravo parole senza senso sulla tua schiena per nascondere l’alito del mattino.
Mentre qualcuno si domandava la differenza tra rivoluzionario e malvivente mi interrogavi sul significato della legge, credi che prima o poi andremo in prigione io e te? Scoppiavo a ridere, dicevo che daremmo fastidio anche lì.
“Sei così semplice, a volte” Dicevi tu, ti riferivi a quando me ne stavo zitto davanti alla tv, seduto in tavola con la forchetta in mano o a correre dietro a un pallone. E cominciavo con le metafore e le differenze dei sessi, noi maschi come i balconi di Quarto Oggiaro, coi panni stesi in bella mostra e le piante di basilico nei vasi di plastica, voi donne centrali nucleari e inseguirsi di tubi e fumate bianche.
Di quando avevi fame già alle undici, ti proponevo un risotto e mi mancava il riso, dicevi sei troppo lontano e per fortuna non tiravamo in ballo l’invenzione del teletrasporto. E finivi per scomparire nel pomeriggio, abbiamo bisogno di pause, dicevi e non riuscivo a non scriverti sciocchezze. Di quella volta che mi avevano spiegato perché il cielo è azzurro, son storie di fisica, e tu lo sai che sottometto tutto all’estetica. Parlami ancora delle tue gonne lunghe e delle scarpe improponibili di voi ragazze. Sollevami il colletto della camicia, fammi sentire ribelle come Cantona, dai fatti infilare da dietro e scopriti impotente davanti alle mie giocate al centro del campo. Finiremo stravolti ad ansimare piegati sulle ginocchia, ci scambieremo le magliette e rilasseremo i muscoli in doccia.
E’ ancora domenica e sussurravi al cuscino, che fine faremo domani? Dovremmo parlare per quarti di secolo e chiederci se avremo fatto la storia.