Eravamo partiti perché qui non ci stavamo mica bene, c’eravamo detti ci sarà qualcosa oltre l’ovest. Quando conoscemmo l’ovest provammo a metterci un dito in bocca, a bagnarlo di saliva, a metterlo in culo al cielo per sentire la direzione dei venti dell’est. E così siamo ripartiti. Mi leggevi Il mago di Oz quando mi sono ricordato del profumo delle tue camicie azzurre, di quando appoggiavo la testa stanca sul tuo cuore e sentivo il battito metallico della tua valvola artificiale. I film con gli spari. La tua sedia preferita. Te lo ricordi quando disegnavi per me i leoni? Così sono partito per le Afriche, e i leoni non li ho visti perché al mio ritorno non c’eri più e a chi avrei potuto raccontarlo? Per quando ci siamo seduti davanti al lago e tu lanciavi i sassi di taglio, mi hai detto quando qualcuno ti offre dei soldi accettali e poi mi hai insegnato come tenere il coltello per fare la punta ai bastoni e combattere con la terra. Per il tuo ultimo viaggio hai aperto il portafogli e non ho accettato carta, volevo i tuoi occhi, ma erano già altrove. Sui sentieri terrosi dell’oggi tengo presente il tuo passo. I tuoi occhiali grandi. I cappotti Burberry che mi stanno larghi. Cammino ancora, verso sud questa volta, a esplorare la debolezza della mia carne, avresti molto da confidarmi. Verso sud. Lo zaino leggero per quando tornano i ricordi.