Killer con le sciarpe arrotolate alle labbra per prendere a bocconi la notte. Le narici out of order, le macchine del fumo sul palcoscenico della galassia perché siamo due sconosciuti che si negano gli occhi.
Dai porti lontani della provincia per perdere l’ultimo treno coi lavori in corso. Cercare rifugio alla notte.
E con parole di bava filiamo le ragnatele dei nostri incontri formali per salutarci come i soldati: una mano sulla fronte, sui gingilli armati contro le jelle perché sappiamo ancora sparare.
Coi contadini che salutano gli inverni, col fuoco amico sulle jatture dei campi a cantare gli alpini e poi qualcuno dice che le guerre uccidono ancora.
E noi tutti intorno e luce fu con le parole normali per gente normale coi pannolini e la stella polare.
E luce fu come i farò come i falò della maturità sui libri da ardere.
E salivamo come fumo sui tetti aggrappandoci alle grondaie che d’estate non pioveva mai e ci guardavamo come le stelle
per succhiarci gli intestini, le labbra livide e i tuoi tagli per farti del male.
E per non buttarci parlavamo dei futuri improbabili, di Santorini e delle sue case bianche.
E c’era il blu ad aspettarci il mattino e cominciavano i precipizi quando scoprivi che ti avevano rubato la bici
e dovevi farti il corso a piedi e tutti a chiederti dov’eri stata
e perché
e con chi
mentre aspiravi l’ultima sigaretta e ti grattavi il pube per scrollarti di dosso i pidocchi di Londra.