Se lo sapesse l’uva

Se lo sapesse l’uva il tempo in cui si farà vino, se lo sapesse l’ape che il suo lavoro per l’uomo è dolce. Ciechi noi ai giorni, fino allo sparo che richiama all’attenti. Le luci al neon dei corridoi bianchi come tante lune insensibili ai tramonti. Da qui, nel riposo degli occhi, vediamo l’onda che la nostra traccia cancella. Da qui, finestre aperte, indichiamo la libertà col dito, certi che le partenze annuncino felicità. Non ti ho nemmeno chiesto come stai, mi sono risposto da solo. Avrei voluto usare il punto di domanda, l’arpione per il tuo pensiero balena. Emergerai prima o poi dal mare per spezzare l’equilibrio del cielo, prenderai fiato e muoverai finalmente lo stendersi piatto dell’orizzonte. Mi chiedono ancora di te, sorrido, faccio silenzio, alzo le spalle, riempio il bicchiere. Così melanconia, nell’ovale del volto, si nasconde. Arriverà l’inverno, il cappotto, t’incontrerò ancora per caso, piangerò io questa volta, quando anche tu mi chiamerai per nome.

© Bernard Faucon

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