A ognuno la sua nuvola, a ognuno il suo pensiero

A barcollare in vino, seduto sui gradini di pietra delle chiese, le luci accese tra le rovine e ruscelli gialli negli angoli bui. Viene la notte e viene dolcemente. Temiamo il risveglio, la luce che dà forma alle cose, temiamo le ore, noi inetti alla vita, incapaci di contorni. Il piatto si svuota all’istante per l’avidità delle fauci: tutto sbranare, tutto avere, tutto raccontare. Dita sapide di malinconia per le bocche di chi esce dall’ordinario. Bagna quel che ci resta del giorno a cavalcioni sul mio ventre, voglio ammirare la tua schiena come si fa coi cavalli, saltare l’ostacolo, farlo insieme e ricarderti sul dorso, farti ansimare, prima della nuova rincorsa. L’animale urla la notte e urla verso il cielo, la coda allontana la mosca dal puzzo del buco del culo mente le stelle cadono rare e l’occhio schiuso ne segue soltanto un istante. A scolorarci il viso davanti alle statue antiche, tu diffidente al nudo con le guance appassite di mare. Nei nostri calendari i segnali di stop che impone l’età: fermarsi in un luogo, guadagnare il pane, le mura, una cena fuori. A prendersi la responsabilità dei giorni, dei nostri portafogli zuppi di scontrini già pagati. La lingua geme quando aspiro il fumo per farmi più grande, gli occhi si chiudono e la porta si apre. Soltanto il vento, non c’è nessuno. Sulla strada tutto è come sempre, bambini biondi e infradito, il camminare sghembo dell’infanzia, che non è stile, ma sguardo e impulsività. Fuori dal supermercato due uomini, invece, cerniere abbassate, lattine di birra vuote, a chiederti i centesimi, a scardinarti il cuore a furia di suppliche. Così insensibile io, no alle rose, ai portachiavi e agli accendini bic, tutti, dai, tutti insieme a trasportare il nostro corpo fragile fuori dalle città, costruirci ripari con l’immaginazione al posto di farci amica la fiducia di chi non pensa ai domani, ma all’oggi, così, generoso, fa del giorno conquista, libera il soldo, il sorriso, uccide il tempo nell’immortalità dell’istante. Felicità è pensare ai quadri appesi, arredare il proprio luogo, perché si possiede il dove. È lo spazio a dare stile all’uomo, così, io, moltitudine occupo le piazze a giro, le strade in passo, solo davanti alla tavola, siedo, riposo. Non c’è bisogno di parlare di nulla, è necessario stare. Nell’a tu per tu sconfiggere il vuoto, al nichilista dico, dai vieni, siediti qui, fianco a fianco noi, guardiamo lo stesso cielo, a ognuno la sua nuvola, a ognuno il suo pensiero.

Foto: © Silvia Mogni

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