La fronte ancora sudata e fuori nubi biancastra. Una Mercedes non si ferma alle strisce pedonali, la reazione del pedone che non arriva. Aspettare, che tornino giacche e cappotti, penne rosse e figlioletti a scuola, le serate del giovedì, il venerdì testa pesante al lavoro, l’aperitivo e le stories. Il carnevale a settembre, Venezia, malinconica Venezia. Venezia, passerella Venezia: alberghi e creme per il viso, vestiti improbabili per nottate che non terminano mai. Il tempo della Quaresima è arrivato, le coscienze che invadono le strade di Roma hanno per risposta il silenzio. Ostaggi del nostro egoismo ci hanno sottratto libertà libertà libertà continua a gridare il matto due denti e un gallo sulla spalla. Quando mi hai chiesto di venirti dentro non ho avuto il coraggio. Hai gli occhi lucidi mentre ti parlo, ho gli occhi lucidi mentre mi allontano. Come Marco Polo dici abbiamo bisogno di esperienze, l’amore esclusivo ci toglierà sete e poi fame, saremo morti in tempo breve: l’arredamento di casa, due strade, il saldo a fine mese e l’eventualità di crescere un figlio. Lo ammetti o no che anche noi sogniamo Venezia? Che abbiamo fatto dei nostri credo adolescenti? Annegati, zittiti, sotterrati. Verranno prima o poi dal buio della terra a tirarci la giacca a dirci tu non sei quel che eri. Non ti vergogni? Non puoi, che la vergogna la provi soltanto al giudizio degli altri. E non ti scandalizzi più. E cerchi la campagna, il viaggio per vedere e dare tempo all’ozio, al sonno del credo.
Volevamo tutto, ti ho detto e l’acqua è alta, sempre più alta vedrai che presto gli stivali non serviranno più e il lungo muggito della sirena che nella notte desta finirà in silenzio, nell’acqua salmastra della laguna.