Lo sapeva prima di partire che tornare per lui non era mai stato semplice, che il suo corpo è sensibile e fragile, che preferisce non abbandonare le abitudini. Si ritrova così a svegliarsi a ore improbabili nella notte, a mangiare senza una regola, a immergersi nell’alcol fino a non capire più nulla – non ci soffre, sa che per lui tutto questo è normale -. Vengono a dirgli così non si fa, suonano alla porta i rappresentanti della Folletto e lui li caccia in malo modo; lo chiamano al telefono perché il lavoro ricomincia e lui non risponde che è ancora in vacanza e ci rimarrà fino a che il suo corpo gli impedirà di fare altro. Di tutti i titoli dei quotidiani non se ne ricorda nemmeno uno, gli dà fastidio chi legge Internazionale e soprattutto chi lo legge in spiaggia. Si rallegra nel trovare un libro chiuso sul sedile di un aereo, spesso lo rivolta spinto dalla curiosità di saperne il titolo, di ammirarne la copertina. È un uomo spregevole, uno che con la vita gioca e ha rispetto di tutti ad accezione di lui stesso che significa non aver rispetto di nessuno. È un uomo che fa della seduzione la sua spada e della derisione pubblica la sua gioia. Non ha timore a ricevere etichette, le colleziona. Si emoziona facilmente, a volte piange da solo, in casa, per fatti da niente. Sa anche ridere, ma si vergogna a farsi trovare con la bocca aperta e i denti bianchi in bella vista. Qualcuno gli chiede se sa amare e lui, sempre generoso in parole, serra le labbra e annuisce con la testa. Fa caldo a Milano e il ventilatore acceso caccia odore di polvere; nel frigorifero mezzo cocomero, fichi d’india dell’Etna e foglie di basilico secche lasciate là da non si sa quanto, quasi un portafortuna. Vorrebbe invitare qualcuno per cena, non una compagnia di voci slegate ma una persona soltanto, vorrebbe discorsi che prendono tempo, aprire quella bottiglia di Brandy e ritrovarla quasi vuota al mattino. Dice sarà colpa degli occhi, dice sarà colpa della giovinezza avanzata con gli amici sposati e le donne impegnate. Poi non ci bada, si siede al tavolino del balcone, il petto spezzato dal bianco della canottiera, fuma e prova a guardare lontano quell’orizzonte che nelle città sorprende sempre troppo presto. Fuma e sente nello stomaco un dolore lieve: i giorni non vissuti, l’incavo del suo corpo nel materasso, la voglia di Rimini e delle notti della riviera. Le luci al neon, il flipper, la passeggiata al centro a guardare vestiti kitsch e perizoma frangichiappe delle ragazze tedesche. Se lo vedi che beve, se lo vedi che non ricorda non è perché tutto vuole dimenticare, è perché immagina quello che il tempo, l’età, la paura, il fisico, gli hanno negato e che lui rivive come può. Non ha bisogno di pietà, né di compiacimento, è una persona spregevole, l’ho detto, lo sa. L’hanno trovato in notti d’agosto a rincorrere guai di comete e stelle, cieli azzurri come quadri pop, musiche del Sudamerica, passi di danza. L’hanno trovato e poi l’hanno perso, chi l’ha visto, dice che nei suoi occhi c’è l’indimenticabile.
Foto: @Aneta Bartos