Le parole sprecate. Le parole passate come le stagioni, come i vestiti che non metti più. Come David gnomo l’amico mio, il quarto dei Pooh, la tivù. I fratelli più piccoli con le braghe lunghe di quando eravamo giovani, di quando eravamo sciocchi. Si accendono ora i display, qui tutto bene, lo stipendio tra un mese. E tu passeggi sui laghi del centro Italia, prosciughi i mari dei miei canti che non sei musa non sei regina e i tuoi Muse ballaci tu. Cantaci tu. Prenderemo ancora le nostre pasticche stasera, e saranno birre, guai e rincorrerci nei solai. La tua pelle giovane, il mio pelo per spaventarti. Hai aperto la bocca per farmi entrare dentro di te e respirare forte. Ma stai in silenzio e aspetta e con quegli occhi guardami, con quegli occhi che sono di un altro universo. Saremo come degli aquiloni che si incastrano negli alberi e perderemo il senno, perderemo il sonno, per scoprirci immobili. Perché ogni movimento è piacere, e il godimento ce l’hai sulla lingua. Ogni volta che parli, ogni volta che abbracci. E fammelo adesso, io sì che potrei e invece dormi lontana tra le lenzuola di uno sconosciuto e ti scriverà anche lui una canzone e ti scriverà anche lui una passione. Ma il futuro è alle porte e arriva così presto che non abbiamo più tempo per pensarci. Baciami forte, baciami ora e ci cadano pure addosso le comete coi loro colpi di coda, coi loro colpi di coda.