Ci scattavamo foto con le macchine usa e getta sulle finestre di corso di Porta Romana. Avevo cominciato a fumare per poter salire sul tetto e familiarizzare coi balconi degli altri. Il pulcino pio per i sorrisi preconfezionati e il fascino delle tue risposte ciniche e sempre troppo corte.
Così prendevi un treno una notte di luglio e finivi per raggiungermi. E una volta arrivata ti prendevi i tuoi tempi e tra un “sono troppo stanca” e un “ho bisogno dei miei tempi”, facevi l’amore con Milano e poi te ne andavi prima di dormirci insieme una notte soltanto. E libri di mostri stilizzati e gare di parole da appiccicarti addosso. Così che si è fatto silenzio e alle colonne di San Lorenzo gettavo richiami per adolescenti nelle mie magliette a V e calzoni sempre troppo larghi.
La primavera è il tempo delle occupazioni abusive; scarichiamo le energie sessuali in moti di conquista e neghiamo agli occhi i colori nuovi delle gemme e le primizie dei campi. Sulle tue terrazze piantine di pomodori e geranei: tireremo le somme in estate e vedrai che soddisfazione sarà mangiare quello che hai seminato.
C’è chi si prende troppo sul serio e chi invece non se la prende per niente, che se non fai non sbagli e se taci crei aspettative. E mentre ti viene da dire che noia le attese ti accorgi della spinta dinamica dell’emozione che carica in ansie per esplodere in abbracci o rifiuti, ed è per questo che ti masturbi. Davanti al seme a chiederti che ne sarà di te, che ne sarà di queste frasi a sbuffo e delle solitudini sconclusionate sulle tazze del cesso.
E finisci per leggere i titoli dei quotidiani e ritagliare quelli che indossano il tuo nome, appiccicarli su un quaderno e poi scriverci sotto quello che pensi. E i tuoi capelli incastrati dietro alle orecchie e il tuo odore sulla maglietta. Verranno a dirci che non ha senso questo valzer che balliamo nei salotti degli altri senza una musica adatta.
E per le strade di Londra tra i punk e la nuova moda delle scarpe alte c’era una ragazza vestita da Alice, il paese delle meraviglie dell’abito azzurro col grembiule bianco, le cadute infinite tra le braccia dei grandi e tutte quelle esperienze prima di diventare donna. Tagliatele la testa, così smetterò di pensarci e farò la guerra al cuore perdendomi nel corpo. Vorrei dirti che sei bella mentre dormi, ma non mi sentiresti, così l’ho scritto su un foglio e l’ho nascosto, chissà che prima o poi lo trovi e ti chiedi chi è stato. Come nei libri gialli.
Foto: William Eggleston