Addio Fidel.
Addio Claudel.
A Mario e alle finestre che fanno finta di niente.
Ai falli delle democrazie, ai tuoi Titanic per compagnie.
Addio anche a Nielsen che non è Bridgette e all’apparecchio per i denti storti.
Le selle dei nostri motorini impregnate di pioggia. I tuoi occhiali troppo grossi per non rivederci e i leggins firmati come i muri di corso Genova. Per un’ ascensore che sale ce n’è uno che scende mi dici. Le scale a due a due per mangiarci sui corrimano. E non sapere come chiamarla questa cosa che ci scalda i visi e ci riempie le mani. Per poi rimpiangerci come le mille lire del Topolino. Le figurine che non abbiamo mai trovato. Partire dai ringraziamenti e grazie per gli arrivederci e grazie per gli arrivederci.
Che mi parli di acidi e di tangenti di quando guidavi senza patente. Le luminarie per gli inquirenti, per i rumeni e per gli zingari, le nostre lingue inconcludenti.
Sdraiarci per fotografarci lo stereo in bocca la penna accesa, quei nei fosforescenti. Che aspetteremo le tue astronavi, che aspetteremo le mie iniziali. E scriverci addosso le biografie.
Partire dai ringraziamenti e grazie per gli arrivederci e grazie per gli arrivederci.